Se avete superato i trent’anni e nei vostri progetti c’è quello di avere un bambino, non aspettate troppo. Anzi, se potete, quel figlio cercatelo ora. A lanciare il messaggio è Claudio Bertellini, primario di Ginecologia e Ostetricia all’ospedale Morgagni-Pierantoni di Forlì, preoccupato per la sempre più avanzata età nella quale le donne intraprendono l’avventura della gravidanza.
Dottore, quale sarebbe l’età ideale di una donna, per diventare madre?
“A livello biologico vent’anni. A livello sociale e di maturità psicologica, forse trenta. Ma non oltre. Vediamo sempre più spesso donne oltre i 35 provare per la prima volta a rimanere incinta. Con tutti i problemi del caso”.
Che cosa succede, a livello ovarico, dopo i vent’anni?
“La riserva ovarica cala e gli ovociti invecchiano: diventa così sempre più difficile che si fecondino. Non a caso, nella procreazione medicalmente assistita, ad una quarantenne ne vengono trasferiti tre, mentre in una trentenne si preferisce metterne due”.
Le donne danno per scontato che un figlio arriverà proprio quando lo cercano?
“La maggior parte delle donne sì. Le donne pensano agli studi, al lavoro, alla casa, alla stabilità affettiva ed economica, spesso rimandando la maternità. E dimenticano che a volte, quando si convincono a realizzarla, il tempo è scaduto”.
Che implicazioni ha tutto questo sulla vita sociale?
“Avere un figlio in età avanzata comporta una distanza anagrafica molto ampia tra la madre e il bambino, significa che quella donna non potrà garantire una presenza troppo duratura nella vita del figlio. Questo avrà un effetto domino: probabilmente quella madre non sarà in grado di fare da nonna, quando sarà il suo turno. Io vengo da un’esperienza familiare in cui addirittura ho conosciuto la trisavola, c’era un effetto a catena in termini di aiuto e sostegno. Oggi molti bambini non sanno nemmeno chi siano stati i loro bisnonni”.
Però sono cambiati i tempi…
“Sì, quando ero all’Università e studiavo i tagli cesarei, nei manuali di ginecologia si definivano ‘primipare attempate” le donne sopra i 35 anni al primo figlio. Oggi quell’aggettivo non si usa più ma il problema di non riuscire a rimanere incinta quando si è avanti con gli anni resta”.
Se una donna ce la fa, avrà maggiori complicazioni gravidiche rispetto ad una giovane?
“Potrebbe sviluppare con più facilità patologie inerenti la gravidanza, come il diabete gestazionale e la gestosi. Fattori che impongono a noi medici di seguirla con maggiore attenzione rispetto alle altre”.
E nel momento del parto, cambia qualcosa?
“Se la donna di base è sana e non ha sviluppato complicazioni del genere, il fatto che abbia 40 anni non la differenzia da una gestante più giovane. Il rischio, piuttosto, è sulle anomalie cromosomiche del feto”.
Lo Stato infatti ha reso mutuabili villocentesi e amniocentesi dopo i 35 anni…
“Infatti. Ma è una scelta della coppie se sottoporvisi o meno. Chi non vuole rischiare quel caso su 150 di abortività riguardo la villo o quel caso su 200 riguardo l’amnio, opta per il test combinato o b-test, che però dà un risultato statistico e non una diagnosi certa”.
Insomma, le donne secondo lei dovrebbero darsi da fare…
“Sì, il mio timore è che rimandandolo troppo, alla fine non riescano a realizzare il loro sogno di maternità. Se ne sentono tante di pentite, che se potessero tornerebbero indietro e cercherebbero un figlio molto prima di quanto l’abbiano fatto poi”.
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