La Sids non va in vacanza: “L’altitudine? Non è un fattore di rischio. Pericoloso far viaggiare ore neonati nell’ovetto”

L’incubo di ogni genitore ha un nome, breve ma dall’impatto violento: Sids, ovvero Sindrome della morte improvvisa del lattante. Lo prendi in braccio, magari gli dai la pappa, lo metti a letto e ti sembra che tutto fili liscio come l’olio. Ma quel corpicino inerme di punto in bianco non si muove più.

E’ quando si sentono casi di cronaca che riemerge forte l’acronimo che non lascia scampo: cause ancora sconosciute, tanti dubbi che emergono nella testa di mamma e papà: se avessi, se non avessi… . E molte notizie falsate dal passa parola, dalla voce che corre sul web, come nel caso del piccolo di otto mesi morto a 3.200 metri di altitudine dove sotto accusa è stata messa l’alta quota che  secondo gli esperti del settore invece non ha colpe.

Silvia Noce, pediatra esperta in Medicina del sonno, opera presso il Centro Sids dell’Ospedale Infantile Regina Margherita di Torino, diretto dal dottor Alessandro Vigo. Struttura che in queste ore sta seguendo il caso del bambino deceduto in Valgrisenghe.

Dottoressa Noci, che cos’è la Sindrome della morte in culla?
“E’ un evento che si verifica in modo improvviso e inaspettato  nel sonno, prevalentemente in bambini sotto l’anno di vita che stavano bene, sono stati messi a dormire dai loro genitori in salute e vengono ritrovati senza vita. Resta senza una spiegazione. La diagnosi è possibile solo dopo un esame autoptico accurato, la valutazione della storia clinica del bambino e un’attenta analisi della scena del decesso. Si deve insomma accertare che non ci siano stati altri fattori a causarne la morte, come una malformazione genetica o qualcosa che durante il sonno abbia impedito al bimbo di respirare bene”.
Il vostro centro fa scuola in Italia sulla sorveglianza epidemiologica. Che dati avete raccolto? 
“Nei Paesi industrializzati parliamo di numeri assolutamente piccoli ma resta la prima causa di morte nel primo anno di vita dei bambini, escluso il periodo perinatale. In Piemonte dal 2004 abbiamo una sorveglianza epidemiologica sui decessi nei bambino fino ai 24 mesi. La sindrome da morte improvvisa riguarda lo 0,09 per mille dei casi, tra i cinque e i dieci ogni anno. Solo dall’autopsia può emergere che si tratti di questo e non di una malformazione cardiaca o cerebrale o di una infezione”.
In che modo intervenite quando c’è un caso di morte senza cause apparenti? 
“Un arresto cardiocircolatorio ci impone di controllare che cosa è capitato. In poche ore veniamo informati e ci attiviamo subito, viene fatto un sopralluogo con un medico legale competente sulla scena del decesso per capire il bambino come dormiva e dove dormiva. Qualche esempio: un ambiente saturo di fumo o l’eccessivo calore sono fattori di rischio”.
La prevenzione serve?
“Sicuramente. A livello mondiale l’epidemiologia ha permesso di individuare i fattori di rischio sui quali è possibile agire e ridurre drasticamente i casi. Negli anni ’90 si è fatta la prima grande campagna di informazione per far dormire i neonati sulla schiena, unica posizione sicura. Negli Usa in questo modo l’incidenza si è ridotta del 60%. Ma combattiamo ancora con grandi resistenze: ci sono ancora operatori sanitari che fanno dormire i bambini sul lato per timore del rigurgito. I bambini non muoiono di rigurgito che nei casi di decesso nel sonno spesso è frutto delle manovre di rianimazione”.
Quali sono i principali fattori di rischio? 
“Il fumo passivo: il fumo in gravidanza, nella mamma che allatta, nella stanza dove dorme il bambino, soprattutto ora che i neonati dormono a pancia in su è il primo fattore di rischio. Altro fattore importante: la temperatura. Non più di 21 gradi in casa. L’eccessiva temperatura rende il bambino meno reattivo e meno agile a difendersi”.
Si conoscono le cause della Sids?
“Le cause non si conoscono, sappiamo solo che è un evento drammatico che si verifica soprattutto nei primi mesi, quando il bambino è più instabile dal punto di vista cardio respiratorio. Si tratta di bambini particolari che hanno una loro predisposizione, meno abili ad auto resuscitarsi quando nel sonno si verificano dei fenomeni di apnea che in generale sono normali”.
Siete coinvolti nel caso del piccolo di otto mesi morto in alta quota. L’altitudine può essere un fattore di rischio? 
“Questo è un problema da sfatare, di per sé non presenta un fattore di rischio. Pensate ai bambini che vivono nelle Ande, o in montagna”.
In vacanza o durante i viaggi, che precauzioni devono essere prese?
“Bisogna prestare molta attenzione alla sicurezza dei bambini nel sonno. Attenzione ai lettini da campeggio, spesso vengono utilizzati materassi di fortuna, i bambini rischiano di incastrarsi, o vengono messi tanti cuscini intorno per evitare cadute. La faccia deve restare libera. Attenzione ai sacchi a pelo, meglio usare i sacchi nanna che sono un’altra cosa perché consentono a testa e braccia di stare fuori. E attenzione ai colpi di calore: in estate il corpo del bambino si adatta alle alte temperature. Ma non bisogna coprirli troppo se si va in montagna”.

I neonati possono viaggiare nell’ovetto?
“Il seggiolino è una sicurezza ma i bimbi sotto i 3 mesi nell’ovetto sono troppo insaccati, non sono nella situazione migliore per respirare bene. Raccomandiamo sempre tragitti brevi, di 15-20 minuti. Altrimenti meglio usare la navicella omologata con la cintura: il piccolo dorme supino e fresco. E non usare mai né cuscini né paracolpi. Ripeto, la faccia deve restare libera”.

Per contattare il Centro Sids dell’Ospedale Infantile Regina Margherita di Torino 011-3135405, centrosids@oirmsantanna.piemonte.it

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