Ci eravamo tanto illusi: avevamo creduto che questa partita del bonus bebè sarebbe stato il primo passo verso un cambiamento culturale. Più aiuti alle mamme per tornare al lavoro, più donne che riescono a conciliare lavoro e famiglia. E pazienza se all’interno della norma voluta dal ministro Fornero ci fosse solo qualche briciola per i papà. Come si dice, chi si contenta gode.
Eppure qualcosa è andato storto: è arrivata meno della metà delle domande che si potevano soddisfare. La risposta al flop, secondo gli esperti, è tra le righe del decreto: per accedere al bonus si doveva fare richiesta del posto in una delle strutture accreditate, e molto spesso il bimbo già frequenta un nido diverso da quello, ricominciare inserimento del pupo per un contributo di 300 euro per sei mesi non sarebbe sempre valsa la pena. I dipendenti pubblici, poi, sono rimasti fuori dal provvedimento, per loro ci vuole un disciplina ad hoc. Mettici pure che il click day non è stato una passeggiata: un giorno solo per trovarsi di fronte a una procedura di inserimento dati complessa. Risultato: una volta che lo Stato ti aiuta, del sostegno non sai che fartene.
E allora ti aspetti che presa coscienza del flop, il governo ci rimetta le mani, che studi meglio il decreto e lo tari in modo tale da soddisfare meglio le esigenze delle mamme. Salvo lasciarci pensare che no, questo Paese quello che serve alle mamme non lo ha proprio capito.
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