Il lavoro, la casa, i figli. La spesa, l’attività sportiva dei bambini, le bollette, l’iscrizione a scuola. E se ci fosse qualcuno – pagato dall’azienda in cui siamo occupati – che si facesse carico di tutte le incombenze mentre siamo in ufficio? Non è un sogno, semmai una rarità. Succede a Eurocom Telecomunicazioni, a Riccione, dove il direttore generale Sabrina Vescovi ha avuto tre anni fa l’idea di presentare un progetto sulla conciliazione al Dipartimento della famiglia della presidenza del Consiglio dei Ministri. Un progetto che è partito ancor prima che fosse erogato da Roma un finanziamento di 240mila euro. E che oggi, sebbene scaduti i 24 mesi di svolgimento, in parte prosegue. La parte più gustosa si chiama “facilitatore aziendale”, anche se nell’immaginario collettivo è passato il termine “maggiordomo”. Elisa, una giovane assunta inizialmente part-time e in seguito riconfermata a orario pieno come segretaria e centralinista, per i primi due anni ha raccolto tutte le commissioni legate alle vita familiare dei dipendenti dell’azienda e le ha sbrigate. Oggi continua a farlo, in aggiunta ai nuovi ruoli di ufficio che le sono stati affidati: “Spesso capitava che ci venissero chieste ore di permesso – racconta Sabrina Vescovi – per pagare l’assicurazione, ritirare dei medicinali in farmacia, fare l’abbonamento dei bambini al bus. Ore di diritto, ma che toglievano tempo al lavoro. Noi siamo spesso fuori sede per le istallazioni: anche solo un’ora di permesso di un lavoratore per andare al Cup blocca un’intera squadra”.
Singolare è il fatto che la missione sulla conciliazione si giochi in un’impresa ben poco femminile: su 45 dipendenti, a Eurocom Telecomunicazioni le donne sono solo otto. Ma rendere la vita più facile agli uomini ha effetti benefici anche sulle donne: “I nostri ragazzi hanno in media 35 anni, sono quasi tutti sposati e con figli. Se diamo loro una mano, il nostro aiuto si ripercuote indirettamente sulle loro famiglie”. Sabrina Vescovi, da mamma di due figli di undici e nove anni, sa bene quali siano i bisogni di una mamma lavoratrice: “Sono fortunata perché ho una rete parentale molto radicata intorno a me. Forse per questo mi rendo conto di quante esigenze abbia una famiglia, di quanto sostegno serva per conciliare il lavoro con la crescita dei figli”.
Sabrina, nelle sue ambizioni, era andata oltre, pensando ad un “facilitatore” che si occupasse anche della spesa al supermercato dei dipendenti: “L’idea era di avviare una convenzione con Coop e Conad, di mettere su un software grazie al quale i lavoratori avrebbero potuto fare la spesa on line. Il maggiordomo si sarebbe occupato di ritirarla. Peccato che i finanziamenti siano stati bloccati. Ma il progetto non è morto, torneremo alla carica appena possibile”.
Nel frattempo restano attuali le altre azioni dell’originario progetto di conciliazione, in primis il “baby caring pomeridiano”: “Elisa andava a prendere i figli dei dipendenti da scuola e li portava dai nonni o a fare sport. Al momento il servizio è sospeso, ma solo perché i nostri figli sono quasi tutti in età da medie e non hanno bisogno. Ma quest’anno abbiamo avuto altre quattro nascite, presto tornerà attuale”. E chissà che non vengano ripristinati gli altri due pezzi del progetto. Primo tra tutti la convenzione con un nido vicino (dista 500 metri) gestito dalla cooperativa Zerocento e che aveva posti in esubero: “Due bambini figli di nostri dipendenti sono stati iscritti lì, Eurocomtel ha pagato la parte della retta che superava la tariffa comunale”. Per tre anni, in un corpo esterno della stessa struttura, è stato anche organizzato un centro estivo per i bambini da cinque a dodici anni: “Al momento è interrotto perché era interamente a carico dell’azienda e quindi molto oneroso. Il successo è stato immediato. Siamo sicuri che se tornassimo a riproporlo, le richieste non mancherebbero”.
Sabrina è modesta. Ma senza numeri alla mano, è certa che la soddisfazione dei sui dipendenti dipenda in gran parte anche dalle politiche conciliative: “Ho la sensazione che l’attenzione che dimostriamo ai bisogni privati e familiari dei lavoratori sia un fattore che li lega moltissimo a noi. Un nostro ingegnere aveva avuto una proposta importante da un’azienda ma non è andato via: si era appena sposato, ci ha detto che presto avrebbe avuto un figlio. E non ci ha lasciati”.
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