“Dio esiste?”: la risposta di un papà spagnolo. Che bacchetta la scuola italiana

Clemente García Novella

Tra le infinite domande curiose che i bambini rivolgono agli adulti, prima o poi arriva anche quella su Dio. Chi è? Dov’è? Anche i genitori atei, una risposta, in qualche modo devono trovarla e darla. Clemente García Novella, papà spagnolo trapiantato in Belgio, sull’argomento ha addirittura scritto un libro edito da Ponte alle Grazie, “Dio esiste, papà? Le risposte di un padre ateo”.
Quanti figli ha? A che età le hanno posto la fatidica domanda sull’esistenza di Dio?
“Ho due bambini di undici e nove anni. Non ricordo l’età esatta in cui mi hanno chiesto di Dio ma di certo erano molto piccoli, cinque o sei anni”.
Quanto tempo ha impiegato a formulare una risposta valida?
“Credo sia stato un processo graduale. Prima di tutto mi sono reso conto che gli dei di altre epoche (Zeus, Apollo, Beleno, Thor..) o di altri luoghi (il dio polinesiano Lono, la dea inca delle acque Mamacocha, il dio Ganesha degli indù) sono semplicemente miti, leggende. Poi, senza bisogno di rifletterci troppo, mi sono accorto che anche il dio della mia infanzia era un essere mitologico. Perché questo pensiero non ce l’hanno anche le altre persone? Credo che, alla fine, sia stato questo dubbio a spingermi a scrivere il libro. Mi chiedevo come mai, essendo ogni Dio evidente frutto dell’immaginazione umana, la maggior parte della gente continuasse a crederci. Tutto il libro è alla fine dei conti la ricerca di una risposta a questa domanda. E credo di essere riuscito a rispondere”.
Ma perché, e in che modo, utilizziamo spesso concetti religiosi per spiegare vita, morte, anima anche se siamo atei?
“Per tradizione familiare, per abitudine, comodità, per fare come fanno le persone che ci circondano. Nel mio caso, ho deciso di spiegare ai miei figli la mia visione del mondo senza ricorrere alla mitologia”.
Ha raccontato loro la vita di Gesù? In che maniera?
“Io no, non personalmente. Ma nella nostra famiglia ci sono diverse persone cattoliche che hanno parlato loro di Gesù”.
Cosa pensa del fatto che nella scuola pubblica Italiana si insegna religione e ci sono crocefissi alla pareti?
“Dio e la religione sono i primi tentativi umani di capire il mondo, sono i primi tentativi scientifici. Primo tentativo di vulcanologia: perché il vulcano ha eruttato? Perché quel dio si è arrabbiato. Primo tentativo umano di meteorologia: perché finalmente piove? Perché abbiamo sacrificato un agnello. Primo tentativo umano di zoologia: perché gli uccelli hanno le ali? Perché quel dio li ha fatti così. Primo tentativo umano di medicina: perché è guarito? Perché abbiamo pregato. Primo tentativo umano di psichiatria: perché è impazzito? Perché i demoni l’hanno posseduto. Sebbene sia un’abitudine, non penso sia giusto continuare a dare ai bambini a scuola, come fossero certe, le stesse spiegazioni che si davano loro da dieci a cinque mila anni fa”.
Per scherzare, se i suoi figli diventassero sacerdoti, la vederebbe come un’espressione di libertà?
“I miei figli non stanno ricevendo un’educazione cattolica, però possono ascoltare le persone credenti che li circondano: compagni, professori, familiari, e allo stesso tempo possono ascoltare la mia visione atea del mondo. Quando saranno grandi decideranno: se sentono la necessità emotiva di credere in qualche dio, potranno farlo liberamente, senza che le loro convinzioni siano scaturite dalle mie. Se diventeranno sacerdoti, è chiaro, non sarà stato per l’influenza partenza ma per l’esercizio della loro libertà personale”.

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