L’emotività che si vive in gravidanza può giocare brutti scherzi. Soprattutto se la pubblicità e le logiche commerciali ci mettono lo zampino. In materia di diagnosi genetica pre-natale, la dirigente dell’Unità operativa di Ostetricia e Ginecologia Laura Gubbioli invita a non farsi trarre in inganno dal nuovo test sul Dna fetale circolante nel plasma materno che Romagna Mamma aveva raccontato qui. Il rischio è quello di cadere nella tentazione di un esame semplice, non invasivo, con l’illusione di avere garanzie precise sulla salute del bambino.
Non è così dottoressa?
“No, proprio la settimana scorsa Area Vasta ha organizzato una giornata formativa sulla diagnostica pre-natale. Francesca Torricelli, coordinatrice nazionale del gruppo di lavoro ‘sanità’ della Società Italiana di Genetica Umana ha spiegato come cominci a circolare un’idea sbagliata rispetto al nuovo test, in realtà giù molto diffuso negli Stati Uniti. È l’idea secondo la quale il test sul Dna circolante può sostituire la villocentesi e l’amniocentesi. In realtà non è così, il test presenta grossi limiti”.
Quali, nello specifico?
“La ricerca finora si è concentrata sulle donne che hanno già fattori di rischio importanti rispetto alle trisomie più frequenti e gravi. Su quel campione di popolazione, il test sul Dna circolante ci dà informazioni valide. Ma sulla popolazione generale, quella a basso rischio, non dà nessuna certezza. La dottoressa Torricelli sta realizzando uno studio proprio su quella fascia”.
Eppure l’idea di un test così semplice attrae: le donne in Romagna lo richiedono?
“Nel mio caso sì, a Forlì stanno arrivando richieste, anche se la sanità pubblica non se ne è fatta ancora carico. È un test che si fa in alcuni centri privati. Per noi si pone anche un problema medico-legale: chi manda il prelievo all’estero, come al momento succede, si prende la responsabilità della traduzione, dell’interpretazione. Lo ripeto: è un esame che a livello commerciale viene venduto bene, soprattutto perché si rivolge a donne in un periodo così particolare come quello della gravidanza. D’altro canto esiste ancora un’idea falsata rispetto ad amniocentesi e villocentesi, percepiti come esami rischiosi, pesanti”.
Per quali casi particolari, dunque, per ora possiamo “salvare” il test sul Dna circolante?
“Per due situazioni specifiche. La prima è quella in cui la madre è Rh negativa e il partner Rh positivo. Se il feto è h positivo, sviluppa la malattia emolitica. Tramite il test riusciamo ad avere le informazioni sul sangue del feto e, nel caso sia Rh negativo, ad evitare le immunoglobine. Il secondo caso è quello delle malattie legate ai cromosomi sessuali: conoscere precocemente il sesso del feto è importantissimo”.
In questi specifici casi si attiva una collaborazione con i centri privati?
“Sì, l’azienda sanitaria chiede una consulenza esterna per la paziente e si fa carico del costo. In questo senso è stato molto utile arrivare ad avere la genetica unificata: serve a tirare le fila, a uniformare le prestazioni”.
A proposito di prestazioni, su amnio, villo e b-test a che punto siamo in Romagna?
“L’amnio si fa ovunque, la villo manca solo a Forlì ma contiamo di essere operativi entro la fine dell’anno. Idem per il b-test: è una possibilità omogenea in Area Vasta Romagna, qui al Morgagni-Pierantoni invece è questione di pochi mesi. Le pazienti, per il momento, vengono dirottate su altri ospedali”.
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Commenti:
Non riguarda il test prenatale, ma ho trovato in alcune farmacie del veneto il test di paternità BMR Genomics che si effettua tramite saliva.
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