“Mammo, io? Non mi dà fastidio”: Igor, il papà che aiuta gli uomini in attesa di un figlio

La definizione di “mammo” non lo disturba. A volte se l’affibbia da solo, anche se preferisce “padre”. Certo è che Igor Niego, napoletano trapiantato a Forlì, è un papà anomalo: con i suoi figli passa molto tempo, averli nel lettone la notte non lo disturba, ha cambiato pannolini senza problemi. Igor conduce un ciclo di incontri anch’esso anomalo all’associazione Babylon: ha infatti creato un gruppo di soli papà che parlano di nascita, pappe, allattamento. Ma soprattutto di come ci si prepara ad entrare in un ruolo dato troppe volte per scontato. Il prossimo appuntamento è in programma venerdì 28 febbraio alle 20,30 nella sede di via Cerchia 38.
Igor, quanti papà partecipano in genere?

Igor Niego con la sua bimba

“Abbiamo iniziato con un paio e ora siamo arrivati a otto: piccoli numeri ma comunque importanti, soprattutto se pensiamo a tutte le resistenze che i padri in genere mostrano nei confronti di questo genere di iniziative. Il nostro è un esperimento: ci piacerebbe, nel tempo, poterlo allargare anche a chi non avrebbe mai pensato di mettersi in gioco e interrogarsi sul tema della paternità”.
Quali sono le paure più frequenti di chi aspetta un figlio?
“Si teme molto il cambiamento di vita. Uno degli argomenti più richiesti è la sessualità: molti padri non conoscono il collegamento tra allattamento e libido della donna, per esempio. Solo quando il figlio è già nato si rendono conto che la vita sessuale della coppia cambia, sia per quantità che per qualità. Se arrivassero più preparati, si eviterebbero tante incomprensioni e tanti problemi. Non dimentichiamo che gran parte delle separazioni avviene dopo l’arrivo dei bambini”.
Però uno stile genitoriale che prevede allattamento prolungato, co-sleeping, fasce portabebè può far sentire isolati e trascurati i papà. Come se ne esce?
“Ogni figlio è un’occasione di crescita personale per gli uomini. Siamo stati abituati dalla società a delegare la crescita e l’educazione dei bambini. Ma io promuovo una paternità ad alto contatto: so che non è semplice, molti padri sono via per lavoro tutto il giorno. Io faccio l’educatore e il musicoterapeuta, per me è un lusso ritagliarmi il tempo di stare con i miei figli. Però è vero che dobbiamo toglierci dalla testa certi miti, come appunto il lavoro”.
Si nasce o si diventa papà consapevoli?
“Si diventa. Anche io ho dovuto lavorare sulla gelosia, anche a me manca l’intimità con la mia compagna e non parlo solo di sessualità, mi riferisco al tempo per stare con lei. Ma la gioia di avere dei bambini è così grande che questo è il prezzo da pagare”.
Un sacrificio?
“No, mi sono formato con Michel Odent: essere al servizio della nascita, della femminilità non è uno sforzo ma una porta verso la crescita personale. Veniamo da una cultura che promuove il distacco precoce dal bambino: io non promuovo discorsi ideologici, credo per esempio che l’allattamento naturale sia faticoso e che se una donna non si sente di affrontarlo, ben venga il latte artificiale. Ma il contatto continuo con i bambini è bello, positivo e io, nella mia esperienza, l’ho sempre incentivato”.
I tuoi figli dormono nel lettone?
“La piccola di tre anni sì, mi trovo molto bene. Se io e la mia compagna abbiamo bisogno di intimità, ci spostiamo”.
Con il secondo figlio sei arrivato più preparato? O si riparte sempre daccapo?
“Ogni figlio è a sé ma di certo se si fanno dei salti di consapevolezza, si arriva più preparati la seconda volta. Io con il primo bambino, che ha 14 anni, non ne avevo idea. Dopo, invece, sono maturato”.
Si tratta, forse, anche di mettere da parte i classici miti maschili, i ruoli stereotipati?
“Si tratta di passare dalla società adrnalinica, quella dominata dal maschile, a quella ossitocina. In fondo l’ossitocina è l’ormone del piacere, dell’intimità, del cuore. Lì si sta bene. O almeno, io sto bene”.

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