dislessiaPrima o poi a quasi tutti i genitori capita di confrontare i progressi del proprio figlio con quello degli altri. Tra i bambini c’è chi inizia prima a camminare e stenta invece a pronunciare qualche parola, oppure chi ancora non si regge da solo in piedi ma pronuncia già delle frasi intere. L’unicità di ciascun bambino, che si manifesta, in tempi e modalità differenti, può talvolta rappresentare una fonte di ansia e preoccupazione nei genitori che, seguendone la crescita, si pongono mille quesiti circa l’adeguatezza dello sviluppo dei loro piccoli. Per quanto riguarda quello linguistico, chiediamo spiegazioni e consigli alla dottoressa Veronica Ronci, logopedista del Centro Demetra di Lugo (Via Vincenzo Giardini, 11).
Dottoressa, quali sono i segnali che dovrebbero far insospettire i genitori rispetto a un ritardo del linguaggio del proprio bambino?
“Nei primi tre anni è del tutto normale e fisiologico che il piccolo manifesti esitazioni e commetta errori, trattandosi di una competenza, quella linguistica, che sta scoprendo e via via affinando. Tuttavia, il persistere di difficoltà oltre certi limiti temporali può comportare ripercussioni sulla sua efficacia comunicativa e rendere difficoltoso l’inserimento nella scuola dell’infanzia. Inoltre, difficoltà di linguaggio protratte e trascurate possono incidere negativamente sulla capacità di analizzare ed elaborare i suoni che costituiscono le parole della nostra lingua ostacolando in parte l’apprendimento della lettura e della scrittura nella scuola primaria”.
Come aiutare il bambino a sviluppare una corretta forma di comunicazione linguistica?
“Come è noto, i primi anni di vita rappresentano una fase di cruciale importanza per il conseguimento di uno sviluppo armonico ed integrale del bambino e richiedono, pertanto, massima dedizione e consapevolezza da parte di coloro che se ne prendono cura. Sin dalla comparsa delle prime forme di linguaggio i bambini sono in grado di comprendere più di quanto riescano ad esprimere; è nostro compito fornire loro gli strumenti necessari per trasformare i pensieri in parole stimolandone la curiosità, la voglia di scoprire e comunicare, il piacere della condivisione, pur sempre rispettandone i tempi. Perseguire la salute del piccolo favorendone una corretta evoluzione, significa anche prestare attenzione ad aspetti a volte considerati di marginale rilevanza rispetto ad altri o di cui semplicemente si ignorano sintomi ed effetti, come ad esempio la persistenza di una deglutizione di tipo infantile o la presenza di significative difficoltà nell’ambito degli apprendimenti scolastici a partire dalla seconda infanzia”.
Quali situazioni possono costituire dei campanelli di allarme?
“Quando il bambino, ormai superati i tre anni, sostituisce numerosi suoni nelle sue espressioni verbali, non riesce a produrre che poche parole e il suo linguaggio rispetto ai suoi coetanei risulta più povero ed inefficace, o ancora se si fa difficoltà a comprendere ciò che il piccolo tenta di esprimere, ci si potrebbe trovare di fronte a una situazione da valutare e analizzare insieme a un esperto”.
E per quanto riguarda i bambini più grandi?
“Se a sei anni il bambino produce ancora male suoni come “s” o “z”, oppure quando deglutisce frappone la lingua tra i denti e la respirazione è di tipo orale anche di notte potremmo trovarci di fronte a un caso di deglutizione deviata, ossia la condizione in cui la modalità di deglutizione tipica del lattante non è stata fisiologicamente sostituita dal tipo di deglutizione presente nell’adulto”.
Questi problemi possono influenzare anche il rendimento scolastico?
“Assolutamente sì. In altissima percentuale, pregresse difficoltà linguistiche non risolte nei bambini evolvono in veri e propri disturbi dell’apprendimento che inevitabilmente si ripercuotono sul rendimento scolastico. Tali difficoltà possono rendere il momento dei compiti un incubo. Addirittura leggere una pagina intera o scrivere senza commettere errori può diventare una missione impossibile alla quale il bambino tenta di sottrarsi con manifestazioni di ansia ed angoscia. In questi casi gli insuccessi scolastici non derivano certo da svogliatezza, pigrizia o distrazione. Sussistono invece obiettive difficoltà che vanno al di là della volontà del piccolo studente, e che se non adeguatamente riconosciute e comprese, rischiano di peggiorare fino a generare, nei casi più gravi, ripercussioni di tipo psico-emotivo”.
Cosa fare in tutti questi casi?
“Rivolgersi tempestivamente a un esperto in logopedia può aiutare a prevenire e a curare i disturbi della voce, della comunicazione, del linguaggio e dell’apprendimento. Un controllo fatto precocemente, ed eventualmente una terapia ad hoc studiata e strutturata in base alle caratteristiche del problema e del bambino, può evitare complicazioni sia a livello linguistico che a livello cognitivo che potrebbero, in futuro, trasformarsi in manifestazioni importanti capaci di compromettere la salute del bambino e di incidere in qualche misura sulla sua vita da adulto”.


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