Olio d’oliva o pancetta? Il pediatra Ceroni: “Quante contraddizioni tra i colleghi”

mamma bambino pappaUgo Ceroni fa il pediatra da una vita. Ed è sempre più convinto che con i bambini serva il buon senso. Lo dirà anche durante l’incontro “Dall’alimentazione al nutrimento: cibo e relazioni affettive” che l’associazione sulleAlidelleMenti e l’associazione Liberedonne, in collaborazione con Romagnamamma, hanno organizzato per domani, giovedì 29 maggio alle ore 20.15, alla Casa delle Donne di Ravenna (via Maggiore, 120).
Dottore, quali sono i problemi più comuni che i bambini hanno con il cibo?
“La variabilità è davvero ampia. C’è chi mangia troppo, chi troppo poco, chi mangia solo alcuni cibi. Il compito di un pediatra è capire se dietro i comportamenti alimentari ci sono dei disturbi più seri oppure no. Le mamme, spesso, mi chiedono consigli al telefono. Ma queste sono valutazioni che si fanno valutando di persona i casi”.
Cosa manda più in ansia i genitori?
“Sicuramente l’inappetenza. Si instaura la paura che il bambino non cresca, che possa nascondere qualche patologia. Quando il bimbo si nutre bene, invece, si ha l’idea che stia bene, che cresca sano e forte. Spesso è così, lo dico anche da medico, anche se oggi l’attenzione sul problema obesità è cresciuta molto. Non c’è più l’idea che grasso sia bello”.
Ci sono bambini che crescono in maniera regolare anche senza nutrirsi come ci si aspetterebbe?
“Sì, sono bimbi che ci ricordano come eravamo secoli fa: l’uomo è vissuto per millenni mangiando pochissimo e male. Da un punto di vista antropologico non si può celare il fatto che sia comunque sopravvissuto”.
L’educazione alimentare è importante per un pediatra? Lei quali consigli dà alle famiglie?
“Mangiare insieme, se è possibile. Farlo con la tv spenta. E presentare il cibo in maniera piacevole: si mangia prima con gli occhi, poi con la bocca”.
Quanti significati affettivi passano attraverso il cibo?
“Moltissimi. Il valore simbolico di preparare qualcosa da mangiare per qualcuno che amiamo è fondamentale. Mangiare insieme è un atto poetico. Siamo una comunità che vive intorno al cibo. Credo che pranzare o cenare da soli sia una delle cose più tristi al mondo. Gli adulti, in quest’ottica, dovrebbero anche accettare preventivamente l’idea che a nostro figlio possa non piacere quello che abbiamo cucinato. Senza arrabbiature”.
Oggi si parla molto di autosvezzamento, un metodo che anche i nidi e i pediatri di Cesena stanno proponendo: lei che cosa ne pensa?
“Non credo sia una cosa furba ma non lo dico per una preclusione ideologica. Se è consigliabile prendere il latte materno fino almeno a sei mesi, se i molari spuntano solo dopo l’anno, se a quattro mesi un bimbo non è in grado di stare seduto, ci sarà un motivo: è il corpo dei nostri figli a dirci che la strada da seguire è un’altra. Senza contare che i cibi pensati per i bimbi sotto i tre anni, come la pastina, contengono meno inquinanti. E con lo svezzamento tradizionale evitiamo zuccheri e sali che, invece, nei piatti di un adulto ci sono eccome. Ecco, trovo che la classe dei pediatri sia davvero contraddittoria”.
Non è d’accordo nemmeno con la tesi secondo la quale più precocemente si somministrano tutti gli alimenti, minore è il rischio di sviluppare allergie?
“Quando mi sono laureato, a metà degli anni Settanta, scrissi la tesi sullo svezzamento. Allora circolavano due articoli importanti, uno dei quali descriveva l’abitudine dei norvegesi a dare ai neonati di due settimane le aringhe affumicate. I pediatri, poi, notarono negli anni quanto fossero aumentate le allergie. E ora che facciamo? Torniamo indietro e diciamo che per evitarle bisogna fare mangiare ai bambini tutto da subito? Se a quattro mesi un bimbo tollera ogni cibo, mi chiedo perché alla stessa età non abbia i denti, non stia seduto e non abbia la stessa capacità digestiva di un adulto”.
Insomma, da che parte dovrebbe stare un genitore?
“Io sono per il buonsenso. Non lamentiamoci se, facendo autosvezzamento, il cibo va di traverso ai bambini. E poi mi chiedo: visto che i piccoli devono mangiare le stesse cose dei grandi, se a me piace la maionese e la metto a tavola, devo darla anche a mio figlio di sei mesi?”.

All’incontro di domani sera parteciperanno anche Ilaria Frascarelli – psicologa psicoterapeuta; Valentina Baldassari – volontaria associazione sulleAlidelleMenti; Daniela Santini – medico; Giulia D’Alessandro – dietista.

La partecipazione è libera ma è consigliata la prenotazione
alla mail sullealidellementiravenna@gmail.com

In questo articolo ci sono 2 commenti

Commenti:

  1. Questo pediatra non mi sembra molto informato sull’autosvezzamento. Nessuno parla di autosvezzamento a 4 mesi, ma solo a 6 mesi compiuti e in presenza di alcuni segnali di maturità del bambino, fondamentale è anche lo stare seduto da solo. Fino ai sei mesi l’OMS consiglia allattamento esclusivo, invece tra i pediatri sembra ci sia la gara a svezzare il prima possibile.

  2. Ceroni non è certo il pediatra che corre incontro alla fine dello svezzamento, glielo assicuro. Mi ha tranquillamente assecondata nel mio allattamento protratto ben oltre i 12 mesi e ‘all’africana’ per tutti i miei tre figli, così come so che ha aiutato altre mamme che preferivano altre strade, per motivi loro, e che erano più vicine magari al loro stile di vita. Non asseconda certo tutti i nostri frulli materni, ma ci aiuta a trovare un nostro personale stile basato sui ritmi della nostra quotidianità, sul carattere nostro e dei nostri bambini, e su quello che anche nell’intervista chiama “il buon senso”…

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