Alcune cose non cambiano mai. A scuola c’è sempre stato e sempre ci sarà chi con la matematica non ci capisce più niente quando al posto dei numeri alla lavagna vengono scritte le lettere. E chi con le ragazze non ci sa proprio fare. Oppure chi si arrampica sui vetri per rispondere alle domande durante l’interrogazione di italiano. Di questo e di tanto altro parla Cristiano Cavina nel suo ultimo romanzo “Inutile Tentare Imprigionare Sogni” edito da Marcos Y Marcos e che, sebbene, le scuole si siano appena concluse, ha fatto il giro delle classi di tanti istituti italiani, come l’Itis di Faenza e Imola, che lo scrittore, classe ’74, ha frequentato negli anni ’90.
Si tratta di un libro in gran parte autobiografico, ambientato ai tempi dell’adolescenza dell’autore e per questo, sotto molti punti di vista, lontano dalla realtà dei ragazzi di oggi. “Questo è un romanzo che è stato adottato come lettura in alcune scuole superiori e gli studenti, che ho anche incontrato, nelle classi dove sono stato invitato a parlare, sentono che non è una storia che parla di loro e della loro generazione”. E sebbene oggi, ai metallari di una volta o ai seguaci di Jim Morrison siano subentrati i nerd e gli amanti degli “One Direction”, alcune tappe obbligate che si vivono nella stagione dell’adolescenza esistono ancora, come il gruppo degli amici che si sostituisce a quello della famiglia come riferimento e la difficoltà nel gestire i rapporti con l’altro sesso. E anche alcune figure che scandiscono gli anni scolastici della maggior parte delle persone sopravvivono nonostante il passaggio degli anni: il bidello buffo che si aggira per i corridoi dell’istituto, il compagno secchione o ancora quello che ha successo sia con le ragazze che con i professori senza che poi si impegni più di tanto.
“A me andare a scuola piaceva, ma non mi piaceva studiare”. Cristiano Cavina ha frequentato cinque anni di scuola un po’ controvoglia, appassionandosi poco alle materie del suo indirizzo scolastico e dedicando invece tanto tempo alla lettura e all’italiano. “Ho trovato un gruppo di professori molto bravi e ognuno di loro amava molto il proprio insegnamento, quindi in un modo o nell’altro mi è arrivata la loro passione che io però concentravo su altro, come sulla musica e sulla scrittura”.
Valdo Creonti, protagonista di “Inutile tentare di imprigionare sogni” ha tante caratteristiche in comune con il Cristiano Cavina di vent’anni fa. “Lui ha uno sguardo ironico, anche se è silenzioso, persino la sua famiglia assomiglia la mia, ma suo nonno invece no”. Il libro, come la vita di molti adolescenti, è diviso in due parti, una che parla della scuola e l’altra invece della famiglia, e in particolar modo della mamma e di tutto quello che succedeva in casa.
Questa ultima opera di Cristiano si propone con diversi livelli di lettura, in quanto può rappresentare anche uno spunti di riflessione sull’essere genitori oggi e su come sono cambiati i ruoli e le relazioni tra figli, genitori e insegnanti nel giro di un paio di decenni. “I nostri genitori, parlo di chi è nato negli anni’70, avevano timore dell’autorità e rispetto dei professori dei loro figli. Se un insegnante riprendeva un ragazzo, il genitore non correva il giorno dopo a lamentarsi, come talvolta accade adesso. I genitori oggi invece sono diventati i primi fan dei loro figli, non gli permettono più di sbagliare e poi di pagarne le conseguenze, stanno dalla loro parte indipendentemente dalla situazione e non so quanto questo possa giovare all’educazione e alla crescita di chi si sta avvicinando al mondo degli adulti”.
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