L’aria più fredda, la nebbia, le foglie che cadono. E i bambini, come reagiscono dal punto di vista allergologico al cambio di stagione? Lo abbiamo chiesto a Mauro Baldini, pediatra di Cesenatico.

Allergie nei bambini: cosa succede in autunno?
Durante l’autunno si osserva generalmente un accentuarsi dei sintomi respiratori – soprattutto rinite, ma anche asma – nei bambini allergici agli acari, insetti non visibili ad occhio nudo, visto che sono lunghi circa un quinto di millimetro. Il loro nome scientifico (Dermatophagoides, in greco significa “mangiatore di pelle”) ci indica che si nutrono delle scaglie di pelle che eliminiamo continuamente e che sono il principale costituente della polvere di casa. L’esposizione agli acari è pertanto pressoché persistente durante tutto l’anno. L’aumento del tempo trascorso all’aperto in estate si asma, allergie e raffreddore nei bambiniassocia ad un miglioramento dei sintomi, che, tuttavia, prontamente peggiorano quando in autunno il bambino torna a trascorrere più tempo entro le mura domestiche e scolastiche. In autunno emerge, inoltre, un altro ‘nemico’: i micofiti,
più comunemente definiti come ‘muffe’. I micofiti rilasciano spore soprattutto in ambienti molto umidi, sia all’aperto che al chiuso, causando sintomi respiratori limitati alla stagione estivo-autunnale
o anche ricorrenti-persistenti (soprattutto se esistono condizioni di particolare esposizione indoor). L’alternaria è la muffa più diffusamente responsabile di allergia respiratoria, anche nei bambini. Non si deve tuttavia dimenticare che in autunno può essere presente anche una significativa esposizione ai pollini.
Le graminacee, soprattutto in caso di stagioni autunnali particolarmente miti, fioriscono nuovamente nei prati tra settembre e ottobre, liberando pollini che causano rinite, congiuntivite e sintomi respiratori nei bambini che già in
primavera ne avevano sofferto. Oltre alle graminacee, anche la parietaria, l’assenzio e l’ambrosia sono piante in grado di liberare quantità significative di polline nella stagione autunnale nella nostra regione”.
Come distinguere una rinite da un raffreddore?
“Non è sempre facile distinguere la rinite allergica dalla rinite infettiva causata da virus o batteri, soprattutto in età infantile dove le manifestazioni allergiche sono mascherate dalle ripetute infezioni virali a cui sono esposti i bambini soprattutto al rientro a scuola nella stagione autunnale. Il sospetto di una allergia è ragionevole quando la comparsa dei sintomi non è sempre chiaramente associata a infezioni delle vie aeree, o quando i sintomi nasali (starnuti, naso “che cola”, ostruzione nasale) tendono a persistere più a lungo di quando non faccia generalmente un comune raffreddore. In particolare, le serie di starnuti mattutini ricorrenti devono far pensare ad una allergia, più frequentemente agli acari od all’alternaria. Questo quadro clinico comincia ad interessare il bambino soprattutto dopo i 2 anni, età alla quale generalmente il bambino allergico inizia a sensibilizzarsi nei confronti degli allergeni respiratori. Nel bambino che presenta ostruzione nasale persistente, deve comunque sempre essere tenuto presente ed escluso l’ingrossamento delle adenoidi (ipertrofia adenoidea)”.
Come comportarsi con il bambino allergico?
Il primo intervento utile è limitare l’esposizione agli allergeni in causa. Per alcuni allergeni tale obiettivo è facilmente raggiungibile. Esempio: si può azzerare l’esposizione al gatto allontanando l’animale dall’ambiente domestico. Per altri è almeno in parte ottenibile,  non si riuscirà mai ad estirpare gli acari o le muffe dalla casa, ma si potranno mettere in atto misure che ne limitano la concentrazione e la diffusione, per altri ancora virtualmente quasi impossibile, è il caso dei pollini. Poi, soprattutto se la sintomatologia ha un impatto significativo sulla qualità della vita del bambino, il pediatra-allergologo guiderà la famiglia nella scelta della adeguata strategia terapeutica per controllare la rinocongiuntivite e l’asma”.
Quando è indicato fare le prime prove allergologiche?
“Il test di prima scelta è il prick test, un test cutaneo minimamente invasivo, di rapida esecuzione e lettura, la risposta si ottiene dopo 10-15 minuti. Con il prick test può essere indagata una sospetta allergia sia agli aeroallergeni, acari, pollini, muffe, epiteli animali), che ad allergeni alimentari  come latte, uovo, pesce, frutta secca, etc.. . Può essere effettuato a qualsiasi età, sebbene, limitatamente agli aeroallergeni, possa essere poco riproducibile e di difficile interpretazione prima dei 3 anni di età. In alcuni casi, valutabili dal pediatra-allergologo , può essere utile approfondire la diagnosi con il dosaggio delle IgE specifiche (gli anticorpi che indicano sensibilizzazione allergica) effettuato su prelievo di sangue”.
Se mamma e papà sono allergici, o uno dei due, che probabilità ci sono che lo siano anche i figli?
Se un genitore è allergico la probabilità che anche il figlio possa diventarlo è intorno al 40%; se entrambi i genitori sono allergici tale probabilità supera il 70%. La predisposizione genetica da sola pertanto non è sufficiente. Perché si sviluppi l’allergia e’ invece necessaria la complessa interazione tra la genetica, i fattori ambientali, tra cui allergeni, fumo passivo, agenti infettivi, inquinamento, e la tempistica di esposizione a tali fattori. Molti studi in questi anni hanno cercato e stanno cercando di identificare i fattori di rischio per lo sviluppo di allergia nei bambini, anche in epoca precocissima od addirittura durante la gravidanza, nel tentativo di comprendere meglio le cause dell’allergia e mettere in atto future strategie di prevenzione primaria, ancora tuttavia lontane all’orizzonte”.