“Sono moderatamente ottimista, moderatamente contenta. Ho paura che la legge diventi l’ennesimo pasticcio”. Carla Forcolin è stata molte volte una mamma affidataria. E da fondatrice dell’associazione “La gabbianella e altri animali”, che combatte contro il distacco dei bambini dalle famiglie che li accolgono, guarda con cautela alle prime modifiche che la legge sull’adozione potrebbe subire. Quella del distacco è un’esperienza che Carla ha vissuto sulla propria pelle con il piccolo Marco, due anni, di cui molti anni fa si occupava per oltre dieci ore settimanali ma che non ebbe la possibilità di adottare perché era divorziata: “Per prepararlo al fatto che ci saremmo separati, gli raccontavo che avrebbe trovato una mamma bella e giovane, un papà con una macchina fiammante. Ma lui mi guardava e mi diceva ‘Io Carla’. Una storia che ho raccontato nel libro ‘Il gabbianello Marco e altri animali'”.
Carla, se tutto procederà come la vostra petizione del 2007 reclamava, coppie e single potranno adottare i bambini che hanno in precedenza avuto in affido. C’è un però?
“La cosa positiva è che finalmente si riconosce il punto di vista del bambino: i vari governi hanno sempre rimandato il problema, dimenticando che i minori si affezionano a chi per primo li ama e li tratta bene. Nelle famiglie affidatarie si trova amore, si trovano fratelli e calore. Portare via i bambini da quei contesti è una barbarie che in Europa avviene solo in Italia. La mia paura è che si continui ad andare a rilento sulle modifiche di legge e che le ambiguità non vengano cancellate. Un esempio? Pochi sanno che la legge attualmente in vigore consente per esempio alle persone sole di adottare un bambino con handicap. Assurdo: si va avanti con la logica della domanda e dell’offerta, non con quella che considera il bene del bambino”.
C’è chi è contrario al fatto che i single possano diventare genitori adottivi: perché?
“Trovo sia una battaglia puramente ideologica: ci si arrocca su posizioni che non pensano all’importanza della continuità affettiva. Pensiamo ad un caso concreto, immaginando una bambina abusata sessualmente. Magari per lei la soluzione ideale è avere una mamma sola, perché si sentirebbe più tranquilla a non avere figure maschili intorno. Perché negarglielo?”.
Da qui il nome della vostra associazione?
“Sì, quando l’associazione venne fondata, prendemmo spunto dal racconto di Sepulveda. A noi non interessano i dati anagrafici di chi accoglie, quanto i sentimenti. Fare in modo che i figli affidatari possano diventare adottivi è per noi l’unico mondo possibile: i bambini hanno spirito di adattamento, è vero, ma l’esperienza dell’abbandono è tragica. Creerà nella migliore delle ipotesi degli adulti abbandonici, nella peggiore delle persone anaffettive”.
Quanto conta la dimensione temporale degli affidi, spesso protratti ben oltre il periodo previsto?
“Conta eccome. I bambini si legano moltissimo a chi li fa sentire bene. Eppure il 60 percento degli affidi supera i tre anni, contro i due previsti. Alcuni arrivano addirittura fino alla maggiore età. Le cose non dovrebbero essere trascinate all’infinito. Ma purtroppo è quello che temo anche in relazione alla legge”.
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