Asilo nidoL’avevamo sentita in occasione dell’uscita del suo libro “Le mamme ce la fanno”, uno spassionato racconto dei salti mortali a cui le donne sono costrette tra figli e lavoro. E ora che Elisabetta Gualmini è diventata Vicepresidente della Regione Emilia-Romagna, ma soprattutto assessore al Welfare, l’abbiamo richiamata per farci raccontare quale sarà il suo impegno istituzionale a favore della conciliazione, tema a lei molto caro. La domanda arriva a pochi giorni dalla diffusione dei dati sui servizi educativi 0-3, che sul territorio da Piacenza a Rimini hanno raggiunto un livello di copertura oltre gli standard europei: il famoso obiettivo di Lisbona, quel famoso 33% richiesto dall’Ue, in Emilia-Romagna viene superato. Siamo a quota 33,7% se si considera l’offerta sia pubblica che privata.
Assessore, la Regione vanta nidi di qualità e un’integrazione ormai piena tra servizi pubblici e servizi privati. C’è un “però”?
“Nella passata legislatura ci si era già posti il problema di una eccessiva rigidità oraria dei nidi. Oggi che il mondo del lavoro è così flessibile e che le donne hanno sempre maggiori difficoltà a gestire cura dei figli e professione, servirebbe anche una maggiore flessibilità dei servizi. La legge 6 del 2012 ha già previsto, in realtà, formule più aperte dei nidi. Penso all’apertura anticipata e alla chiusura posticipata ma anche a servizi di assistenza alle famiglie oltre il classico orario, per esempio la sera o il sabato. Fermo restando che il bambino non deve restare al nido oltre un massimo di ore, credo davvero che sia necessario introdurre proposte nuove. Ma gli spunti forniti della legge non sono stati ancora recepiti”.
Il discorso di una maggiore flessibilità riguarderebbe i nidi pubblici?
“No, tutti. L’Emilia-Romagna può vantare una ormai storica commistione tra le due tipologie. Il pubblico deve mantenere il controllo della qualità ma il mio discorso riguarda senza dubbio anche il privato. Anche perché le risorse sono ormai ridotte all’osso”.
gualminiDa mamma di due bambini conosce bene tutti gli ostacoli che si incontrano nel tenere insieme famiglia e carriera: c’è speranza, secondo lei, che le cose migliorino?
“Credo che la nostra sia una regione fortunata rispetto ad altre ma non c’è dubbio che la maternità continui ad essere un punto critico nel ciclo di vita delle donne. Già dopo il primo figlio è molto forte la tendenza a lasciare il lavoro: una vera emergenza, da affrontare subito”.
Lei quali problemi ha incontrato nella gestione dei figli, vista anche la sua carriera universitaria di docente?
“I miei bambini sono stati entrambi al nido ma avendo i nonni lontani, ed essendo quindi priva di quel welfare familiare di cui molti dispongono, non nego che in certi momenti avrei avuto bisogno di servizi più compatibili con le mie esigenze”.