Certo che è complicata e stressante la vita dei bambini del terzo millennio, sembra che le conquiste del ‘900, che strapparono l’infanzia dal pesante lavoro minorile e dal dover diventare adulti ad 8 anni, siano state annullate dalla società postindustriale.
La mattina a scuola, uscita non autonoma ma con auto del genitore che aspetta, pranzo quasi al sacco con quello che capita, spesso in piedi e di corsa, seduta d’obbligo a quella specie di catena di montaggio che è lo “strumento informatico”, inframmezzata a smanettamenti sullo smartphone, poi piscina, o danza, o musica, o calcio, o quello che vi pare, di nuovo recupero con auto del genitore, poi con il “genitore A o B” da qualche parte per un’attività o incombenza che interessa il genitore in questione. Alla sera i compiti, la cena, di nuovo il computer intervallato con la televisione, oppure un’attività complementare: saggio, spettacolo, dimostrazione, allenamento, visita, incontro, o cosa simile.
Nel fine settimana, a sciare con i genitori, oppure al mare, oppure in qualche attività che interessa un genitore (dallo stadio, allo shopping, alle gite).
I bambini sono ormai dei piccoli professionisti, la cui vita è scandita da un’agenda (fatta da altri) e si svolge quasi tutta assieme agli adulti. Praticamente così era anche negli anni dell’800 o del primo ‘900, in cui ai bambini veniva imposta una vita da adulti, sempre assieme agli adulti. Ovviamente riesco a cogliere la differenza fra andare a scuola ed andare in miniera, oppure fra andare col babbo allo stadio o a fare legna nella pineta, ma in questa sede mi preme sottolineare la mancanza di ogni autonomia da parte dei bambini e la scomparsa di quella che per tanti decenni fu la “repubblica dei bambini”.
Complice l’allora boom demografico, la maggiore promiscuità abitativa, il minor benessere, i minori strumenti a disposizione con in primo luogo le automobili, i bambini passavano gran parte del loro tempo libero dalla scuola da soli e in compagnia dei propri “colleghi”. Si sviluppavano compagnie, giochi, si perfezionavano abilità spontanee (alcune, come cacciare le lucertole con la fionda, oggi sarebbero aborrite dalla sensibilità animalista), si creavano i ruoli e le relative dinamiche in maniera spontanea, si componeva una “narrazione” della propria infanzia vissuta come bambini, con le logiche dei bambini e non come adulti.
Si stava anche per significativi periodi di tempo da soli, senza nulla da fare, ci si annoiava pure; oggi non è più permesso e non si sa più cos’è la noia, quella buona, quella che fa pensare, che fa inventare e scoprire.
Il cortile, il magico cortile con 10/15 bambini di diverse età e la strada, composta da altri cortili ed altre frotte di bambini in competizione per il territorio, non si potrà più riprodurre, purtroppo!
L’infanzia ha perso molto, acquistando il benessere a piene mani; ha perso se stessa e la “repubblica dei bambini” e nulla potrà mai sostituire quella dimensione, così fruttuosa per uno sviluppo sereno e completo verso la dimensione di ragazzi e di adulti.
Nessuna morale, nessun rimpianto o recriminazione, il mondo cambia e noi con loro; non sempre c’è il segno positivo in tutto quello che arriva e modifica la vita delle famiglie, ma un piccolo sforzo tutti potrebbero farlo e cercare di ridare ai bambini gli spazi dell’infanzia. Un po’ meno programmazione e più spontaneità, un po’ meno vita con gli adulti e più “bande di ragazzini”, un po’ meno attività istituzionali e più anarchia creativa, meno elettronica e più gestione di ruoli in rapporto diretto con i coetanei, meno giochi dalle “multinazionali” e più invenzione e costruzione di giochi e strumenti. Più i bambini sono bambini quando è ora di essere bambini e più gli adulti saranno veramente adulti quando sarà il momento.
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