Elasti
Elasti

Dall’eccitazione allo sconforto più totale, da “vi odio” a “siete la famiglia più bella che potessi avere”. Essere adolescente, o avere un figlio adolescente, per Elasti – giornalista e blogger di “Non solo mamma” – è come stare su un’altalena. Claudia De Lillo (questo il suo vero nome) sarà il 19 maggio alle 14,30 nella sede della Regione Emilia-Romagna (sala 20 maggio 2012, viale della Fiera 8) per l’incontro “Prima o poi l’adolescente arriva. In viaggio con l’alieno”: un appuntamento che fa parte del percorso formativo “Essere genitori di adolescenti oggi”. Sulle adolescenti (femmine, per l’appunto) Elasti ha pubblicato lo scorso anno per Feltrinelli il libro “Dire fare baciare”. Ma ora che il maggiore dei suoi figli (tutti maschi) ha 12 anni ed è in piena pre-adolescenza, Elasti il problema ce l’ha in casa. Dove è arrivato all’improvviso.
Claudia, come se n’è accorta?
“Un bel giorno mio figlio si è calato il cappuccio sulla testa e ha iniziato a chiamarmi ‘madre’. La sua adolescenza è arrivata così, precoce, prepotente e senza mezze misure. E ora siamo sempre a bordo di un ottovolante: un minuto ci dice che gli facciamo schifo, quello dopo che ci ama alla follia. Un’altalena che spiazza e destabilizza”.
Un genitore come ci rimane?
“Male, senza dubbio. Non so mai se assecondare il suo umore o andare per la mia strada. Non ci si fa mai l’abitudine, poi: impari ad aspettarti certi comportamenti opposti ma non sei mai sereno, non riesci a fartene una ragione. Dai la colpa all’età ma sei sempre indeciso se lasciar correre o fare da muro. In fondo, a 12 anni, un ragazzino ha ancora bisogno di essere educato”.
Ci si affida a qualcuno di esterno per avere consigli?
“La pediatra ci ha detto di lasciarlo cuocere nel suo brodo ma non ne sono convinta. Credo di più nel fatto che un genitore usi una fermezza costante. Il problema è che io non ne sono capace. Mio marito è molto più bravo di me, e penso anche più efficace a livello educativo: mantiene sempre una certa linea e una certa coerenza. Io, al contrario, quando mio figlio è carino divento un budino e quando è orrendo mi arrabbio e mi deprimo. Divento, di fatto, un’adolescente come lui”.
La ricorda, la sua, di adolescenza?
“Ricordo una gran tristezza, un sconforto globale che mi prendeva all’improvviso. Mi dicevano che sarebbe passata ma io non riuscivo a immaginarmi oltre i 25 anni e quindi mi convincevo che sarei morta prima. Mi sembrava che la vita facesse terribilmente schifo”.
Ci sono differenze, secondo lei, tra ragazzi e ragazze?
“Forse le femmine se la prendono di più con le madri, le scelgono come il bersaglio preferito per affrancarsi. Con i maschi va meglio: anche se non sei la Madonna, male che vada ti chiameranno ‘madre’, come succede a me. Tra qualche tempo sperimenterò la stessa cosa sul mio secondo figlio, che ha nove anni. Qualche giorno fa ho avuto uno choc: quando è tornato a casa da basket, ho fatto un esperimento chiedendogli di farmi annusare le ascelle. Puzzavano, anche se non troppo. Ecco, quello è lo spartiacque”.
Guardando anche agli amici di suo figlio più grande, l’idea è sempre la stessa, ovvero che siano07 davvero degli alieni gli adolescenti?
“Sì. L’adolescenza sarebbe un bel momento se uno non avesse quella testa lì. Ogni cosa diventa un dramma. A me piacerebbe tornare adolescente ma con i miei capelli bianchi, la mia pancia molle, la cellulite e l’ironia che ho oggi. Non con la sindrome del divano”.
Sta citando “Gli sdraiati” di Michele Serra?
“Anche, sì. All’inizio pensavo che avere un figlio perennemente con lo sguardo fisso nel vuoto, intento solo a stravaccarsi, fosse una sorta di fallimento per i genitori. Ma gli adolescenti sono così, tutti presi dal divano. E ti verrebbe da dire: ‘Ma ripigliati!'”.
Ma alla fine, un po’ falliti come genitori, ci si sente sul serio?
“Ci si deprime, questo sì. Fino all’altro giorni sentivi di essere onnipotente, di poter risolvere tutti i problemi, di essere un ombrello e un punto di riferimento. Eri un dio, una guida. Poi, agli occhi dei tuoi figli, diventi un perfetto sfigato. E anche volendo essere ancora utile, sei costretto a fare un passo indietro”.