mestruazioni, donnaLa prevenzione prima di tutto: a scuola ma anche fuori. Arianne, l’associazione nazionale di donne affette da endometriosi, ha presentato il mese scorso a Bologna il progetto “Adolescendo” che verrà raccontato domani – sabato 18 aprile – dalle 16,30 a San Mauro Mare durante il convegno “Endometriosi, questa malattia sconosciuta, dalla A alla Z” (Hotel Alexander Spiaggia). Un incontro che ha il patrocinio del Comune di San Mauro Pascoli e che è stato voluto da Paolo Teti di Miss Mamma Italiana (clicca qui per leggere i nomi del relatori). Ci sarà anche Sonia Cellini, presidente di Arianne Onlus. Quarantacinque anni, Sonia sulla propria pelle ha vissuto tutto il peso di una diagnosi tardiva ma anche di una sottovalutazione – a opera dei medici – della sua malattia.
Sonia, perché è importante rivolgersi alle adolescenti?
“Perché un’attenzione ad alcuni campanelli d’allarme può aiutare a fare prevenzione, a riconoscere in maniera precoce l’endometriosi, a curarla meglio. Per la diagnosi, in genere, ci vogliono otto anni. Ma se davanti a certi sintomi ci si interroga già in adolescenza, magari parlandone con la mamma, con l’insegnante, con un’amica, si può evitare di scoprire la verità troppo tardi”.
L’endometriosi, spesso, non consente di avere figli: anche in quest’ottica avete scelto di parlare alle ragazzine?
“Sì perché dalle storie alle quali assistiamo, ci siamo rese conto che spesso ci si accorge di soffrire di endometriosi proprio quando si cerca un figlio”.
A quali segnali dovrebbero stare attente le giovani?
“Al ciclo doloroso, abbondante, irregolare; alla stanchezza e al malessere; allo spotting intermestruale. Nella brochure che abbiamo realizzato non vogliamo lanciare messaggi terroristici: non è nostra intenzione spaventare nessuno. Ma se si presta attenzione a questi campanelli d’allarme, si può arrivare non solo a evitare il calvario che per esempio ho attraversato io, che ho subito dodici interventi, ma – nella migliore delle ipotesi – a escludere la presenza della malattia”.
Nella vostra brochure, per rendere il tema meno noioso, avete usato la tecnica del fumetto: le ragazze protagoniste, come si capisce dai tratti somatici, vengono da diversi Paesi del mondo. Perché avete scelto un taglio multietnico?
“Perché spesso il problema del mancato riconoscimento dei sintomi o delle diagnosi tardive è dovuto al fatto che, di endometriosi, non si parla. E se questa è una piaga che vale tra le italiane, figuriamoci tra le straniere. Vogliamo fare un’opera di sensibilizzazione ad ampio raggio”.
Con il senno di poi, se lei avesse capito da ragazzina che di mezzo c’era l’endometriosi, quali vantaggi avrebbe avuto?
“Difficile dirlo ma sicuramente non sarei entrata e uscita dalle sale operatorie. Nel mio caso ha influito negativamente anche l’incontro con medici poco preparati, che hanno sottovalutato a più riprese la malattia e che non hanno fatto quel bagno d’umiltà necessario a indirizzarmi verso i centri specializzati. Dopo il primo intervento il chirurgo mi disse che il mio era un problema da niente”.

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