Badanti? Non solo straniere. Anche le donne italiane tornano a fare le “assistenti familiari”: è solo uno dei tanti dati che saranno raccontati oggi alla sala Buzzi di Ravenna (via Berlinguer, 11), dove dalle 9 alle 13,30 si si svolgerà il workshop “Il valore sociale del lavoro di cura”. Tra i relatori anche Daniela Golinelli della Scuola Arti e Mestieri “Angelo Pescarini”, che parlerà del progetto biennale “Interventi per il miglioramento della qualità della vita personale e professionale delle donne, anche migranti, che sono occupate nel lavoro di cura” finanziato dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali.
Un progetto che ha visto in questi anni, in provincia di Ravenna, l’istituzione di una banca dati delle “badanti” legata ai quattro sportelli “Badami” presenti a Ravenna, Cervia (questi due potenziati) ma anche Faenza e Massa Lombarda (questi due attivati ex novo): “Uno strumento utilizzato moltissimo dalle famiglie per avere informazioni sulle assistenti familiari, sulla loro provenienza, formazione e disponibilità oraria”. Perché nell’organizzazione familiare, la gestione di un anziano o di un malato – che pesa in genere sulle spalle delle donne – è un carico da affrontare al pari di quello dei bambini. Il tema della conciliazione, insomma, torna attuale anche qui: “Le donne – spiega Golinelli – sono le figure che si occupano quasi sempre anche degli anziani. E devono quindi far combaciare lavoro, figli, casa e genitori o suoceri. Ma c’è un’altra realtà: le donne sono anche quelle che della crisi hanno risentito di più, perdendo più degli uomini il lavoro. E quindi si è registrato un calo nelle richieste di colf e badanti. Allo stesso tempo le italiane tornano a proporsi come assistenti familiari, un mestiere che da tempo non facevano più, lasciando spazio alle straniere”.
Un segnale forte che emerge dalla ricerca “Il fenomeno dell’assistenza familiare nella provincia di Ravenna” curata da Laura Giorgini di Libra proprio nell’ambito del progetto sostenuto da Roma: 93 su 479 risultano le assistenti familiari italiane iscritte alla banca dati. Tra le sole italiane, 25 hanno un diploma di istruzione superiore e due, addirittura, sono laureate. Le nazionalità più rappresentate sono, nell’ordine, Romania, Italia, Moldavia, Ucraina e Bulgaria. E anche tra le assistenti straniere, le laureate ci sono eccome. Ma il titolo di studio per molte di loro è nel dimenticatoio: per la stragrande maggioranza si tratta di “adattarsi” per mandare i soldi a casa, spesso ai figli lontani (ce lo raccontava Marinela Ciochina qui).
Ai partecipanti al workshop sarà donato il libro fotografico Io non m’arrendo. Dieci storie di donne “Badanti” (edizioni Moderna) di Giampiero Corelli e Carla Baroncelli. A supporto dell’iniziativa, sempre alla sala Buzzi è stata allestita fino al 29 maggio, la mostra fotografica dal titolo “Io non m’arrendo…”.
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