“Dopo lo sfratto, la mia bolla di sapone”: Sabrina, l’unica mamma italiana all’albergo sociale di Ravenna

Sabrina Goia, l'unica mamma italiana ospitata all'albergo sociale di via Torre a Ravenna, dove vive con i due figli più piccoli
Sabrina Goia, l’unica mamma italiana ospitata all’albergo sociale di via Torre a Ravenna, dove vive con i due figli più piccoli

“L’impatto? Terribile. Ma poi mi sono abituata”. Sabrina Goia ha 47 anni ed è la mamma più “anziana”, oltre che l’unica italiana, tra le ospiti dell’albergo sociale di via Torre a Ravenna, dove alloggiano donne con figli sprovviste di una casa. Una soluzione voluta dal Comune per fronteggiare l’emergenza abitativa, alla quale la sola edilizia residenziale pubblica non riesce a dare una risposta. Sabrina convide la stanza con i suoi due figli più piccoli: Nicole, otto anni e Andrea, diciassette, avuti da due relazioni diverse. Dal primo marito, invece, sono nati i figli più grandi, una ragazza di 26 anni e un ragazzo di 23: il secondo, essendo maggiorenne, non può stare all’albergo e ora vive con la sorella, sposata con una bambina.

Sabrina è chiamata dalla altre mamme “il capo”: non solo perché la sua camera – tre letti e un cucinino – è la prima del corridoio dopo l’entrata ma perché, amando molto i bambini, è quella che ogni giorno li intrattiene, li fa giocare e detta anche qualche regola. Sono in totale 15 i minori che si sono trovati a condividere questi spazi: dal bagno alle docce, dal salotto alla lavanderia. Oggi sorride, quasi a suo agio in questo alloggio d’emergenza, ma non nasconde la brutta sensazione dei primi giorni: “L’inizio non è stato roseo. Quando sono entrata nella mia stanza, ho aperto la finestra e davanti ho visto la comunità per tossicodipendenti. Mica chissà cosa, sai? Forse è l’idea che mi ha messo ansia e tristezza. Sotto di noi, al piano terra, c’era l’emergenza freddo terminata a inizio aprile e adesso sostituita da un alloggio per otto richiedenti asilo. Intorno all’albergo, così defilato rispetto alla città, la desolazione più totale”.

Poco a poco, però, le cose hanno iniziato a girare: “Sono stata sfrattata dalla casa in cui ero in affitto a Lido Adriano. Il papà di Nicole, dal quale mi sono separata un anno fa, è rimasto senza lavoro e non riusciva più a darmi i soldi per l’affitto. Io non ho un impiego da tempo. E il titolare dell’appartamento ha cominciato a farmi la guerra, minacciandomi pure di dar fuoco alla casa se non avessi ripreso a pagare. Io l’ho querelato e da allora in poi ogni tentativo di mediazione è stato perso in partenza. Per fortuna l’ufficiale giudiziario, una donna, è stata comprensiva e non ha sbattuto in strada me e i miei figli dall’oggi al domani”.

Quando Sabrina esce, i servizi le propongono due settimane in hotel a Punta Marina, dove rimane con i due figli minori. Poi, il 2 febbraio, l’ingresso all’albergo sociale, dove oggi passa parte delle sue giornate: “Ancora il collegamento autobus con Ravenna non c’è, ci hanno promesso che lo istituiranno in settembre. Nel frattempo, la mattina alle 7 gli operatori ci accompagnano alla fermata più vicina. Lì io prendo la linea per Lido Adriano con Nicole, la sua scuola è lì. Andrea, invece, si arrangia un po’ con la bicicletta: frequenta l’Itis”.

Per vivere, Sabrina dispone dei 300 euro dell’assegno di mantenimento che le versa il padre di Andrea e della busta con i viveri che una volta al mese ritira alla Caritas: dentro ci sono pacchi di pasta, pelati, legumi in scatola, farina, zucchero. L’abbonamento del bus glielo passano. Per il resto, deve vivere di rinunce. Con qualche bella sorpresa ogni tanto, come quando ha sollecitato l’assessore ai Servizi sociali Giovanna Piaia perché riuscisse ad avere gli ingressi gratis al Cinema City per far trascorrere un pomeriggio diverso ai bimbi ospiti della struttura. E ci è riuscita.

Oggi l’albergo sociale è quasi tutto, per lei: “Sto bene e mi sento protetta, è la mia bolla di sapone. So che qui non può accadermi nulla di male. I primi giorni, quando l’assistente sociale mi chiese come stavo, le risposi che mi avevano mandata in mezzo ai lupi. Oggi no, vedo le cose diversamente e la convivenza con le altre mamme, tre marocchine, tre albanesi e una nigeriana, va meglio di quel che pensavo”.

Il futuro, Sabrina, ancora non lo vede a tinte chiare: “Vorrei trovare un lavoretto che mi consenta anche di seguire i miei figli. Vorrei ottenere la casa popolare: per ora, nella graduatoria provvisoria appena uscita, sono al 58esimo posto. Non male come posizione ma nessuno sa garantirmi quanto tempo dovrò restare ancora qui dentro. Secondo i miei calcoli, ancora un anno”. L’importante, per Sabrina, è prenderla con filosofia: “Mauro Paolucci, che coordina l’albergo per la cooperativa ‘La casa’, dice sempre che ho la sindrome dell’assistente sociale, perché mi preoccupo anche per le altre, combatto per i diritti e le conquiste di tutte. Forse è questo spirito che mi consente di rimanere forte qui dentro”.

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Commenti:

  1. Spero di abituarmi anch’io .. non sono ancora dentro questa struttura ma manca poco . Al momento posso dire solo che sono rimasta shockata dalle immagini che ho visto .Quando sono andata a vedere questo albergo ,mi hanno fatto entrare dal reparto degli uomini per farmi vedere la nostra camera e mi sono trovata davanti sti uomini che mi guardavano dalla testa ai piedi in un modo che a me dava molto fastidio. …..forse per questo Sabrina si è sentita ”in mezzo ai lupi ”,e forse per questo mi sento cosi anch’io .. Purtroppo l’ASP non pensa anche al fattore psicologico del minore . Forse per ragazzi è diverso ,ma per una ragazza 14 enne ,la mia figlia ,può essere devastante . Nonostante tutto ,non smetterò mai di cercare un lavoro anche se conosco ormai la risposta ”cerchiamo persone più giovani ” per far uscire mia figlia da questo incubo ,perché si ,è un incubo .

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