Ogni volta che mi capita di vedere una “fiction” in televisione, ma spesso anche film più importanti, resto allibito dal livello così ordinario che caratterizza gli sceneggiatori contemporanei.
Il tenore dei dialoghi spesso rasenta un italiano elementare, con errori ripetuti di sintassi e grammatica: nessuno sa più qual è l’articolo da mettere davanti al padre della sposa o alla pasta fatta con le patate e tagliata a tocchetti, per gli sceneggiatori “ha” sempre piovuto e la sintassi spesso riproduce costruzioni dialettali. Ma il punto in cui rasentano il ridicolo è nelle espressioni verbali che mettono in bocca ai bambini; non mi riferisco solamente a parole che un bambino di 3/4 anni non userebbe e non conosce, ma soprattutto all’enunciazione di sentimenti e richieste.
Si sentono bambini dire al papà lontano: “sento la tua mancanza”, oppure: “mi sento solo” ed altri, a 4/5 anni, dire per telefono alla mamma: “ti voglio un bene da morire mamma”. Sono tutte espressioni che un bambino non usa (gli sceneggiatori avranno dei bambini?), perché ne usa altre che sono: “non andare via” “gioca con me” “voglio la mamma o il papà”, oppure: “voglio la tal cosa o andare nel tal posto”. I bambini manifestano delle esigenze, che per loro non sono “esigenze” (di cui non conoscono il significato intrinseco), ma voleri, il bambino è un imperatore che non ha bisogni, ma volontà. Per questi motivi la caratterizzazione dei bambini nelle fiction risulta falsa e stonata, producendo dei personaggi stereotipati senza nessun valore narrativo o artistico.
L’apoteosi, però, gli sceneggiatori la raggiungono quando fanno dire ai bambini frasi come queste: “voglio giocare con i miei amichetti, sono stato con i miei amichetti, vengono i miei amichetti”.
Amichetti è un termine diminutivo ed anche vagamente dispregiativo, che un bambino non userebbe mai; per il bambino ci sono gli amici o i compagni (quasi sempre coetanei), ma mai gli “amichetti”. Al massimo, se un bambino deve riferirsi a bambini con un’età molto inferiore alla sua, usa il temine “piccoli” o “piccolini”, per differenziarli da lui che è “grande”. I bambini si sentono sempre grandi. Solamente gli adulti possono usare il termine “amichetti”, riferendosi a dei bambini ed in questo modo spesso ne sminuiscono il valore dell’amicizia, dimenticando che il bambino non è ancora preda del cinismo che viene crescendo e per lui quegli amici sono la cosa più importante.
Forse gli sceneggiatori non hanno bambini, oppure non li ascoltano mentre parlano, oppure, semplicemente, sono proprio di basso livello.
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