camilla ursoLa fotografia come mezzo per raccontarsi, fare pace con se stesse, tirare fuori dubbi, sogni infranti, stati d’animo di cui ci si vergogna forse un po’. Camilla Urso sa che la gravidanza e la maternità sono esperienze forti e contraddittorie, durante le quali lo spettro emotivo si allarga a dismisura, arrivando a volte a spaziare dall’amore assoluto al rifiuto. Trentaquattro anni, mamma di Frida che ne ha due, operatrice nelle relazioni d’aiuto con un curriculum nel settore donne migranti e rifugiate, al momento è attiva nel lancio di un progetto tutto suo nel quale la fotografia come strumento per l’auto-narrazione è centrale.

“La casa nella pancia” è il titolo dei laboratori che sta promuovendo per le donne in attesa e le mamme. Un’idea che le è venuta in mente quando, subito dopo il parto, ha riscontrato come a Bologna, dove vive, mancassero spazi nei quali dare autentico e libero sfogo alle proprie emozioni legate alla maternità: “Le mamme, soprattutto durante il primo anno di vita dei figli, faticano a comprendere che è normale vivere un mondo di emozioni nuove e spesso contrastanti, è naturale non essere a proprio agio con alcuni dei sentimenti che si provano, e vivono sulla propria pelle un vuoto tra la percezione di sé e la possibilità di esprimere ciò che sentono”.

camillaUn problema poco trattato ma molto presente, che secondo Camilla ha a che fare con la società esterna, troppo impegnata a imporre alle mamme un unico modo di essere ed esprimersi, troppo tesa a calare su di loro un mondo di aspettative rigido, monolitico e uguale per tutte: “La mancanza di libertà di espressione dà vita spesso a un senso forte di inadeguatezza, al bisogno di sentirsi legittimate”. Camilla, per liberare tutti i fantasmi delle mamme, ha scelto il mezzo a lei più congeniale: la fotografia. “Al pari degli altri linguaggi artistici, toglie il monopolio alle parole per consentire alle persone di esprimersi in maniera più fluida e creativa. Oggi che i social sono così utilizzati e il linguaggio delle immagini pure, la fotografia può tornare ad essere uno strumento di forte impatto”.

DSC_0374Attraverso foto personali portate da casa, immagini ritagliate da riviste, collage, autoscatto e autoritratto, le mamme vengono invitate a parlare di sé, a guardarsi come in uno specchio, a raccontare le proprie esperienze,a riappropriarsi della propria storia di vita e ad acquisire maggiore consapevolezza, “ribellandosi a quello che si chiede loro di essere e di dire rispetto all’essere madri”.

Sede
La sede dei primi laboratori “La casa nella pancia”

Camilla l’ha sperimentato su di te: “All’ottavo mese di gravidanza sono andata al cimitero monumentale della Certosa di Bologna e ho costruito un mio autoritratto utilizzando anche una foto di mia madre adolescente. Così ho esorcizzato parecchi dei miei fardelli, ho fatto pulizia. E ho rielaborato molte delle mie sofferenze. Quando ho partorito, da diversi anni non avevo rapporti con mia madre, che ha conosciuto Frida solo tre mesi fa. Io ho vissuto la gravidanza e i primi mesi di maternità con grande gioia e una sensazione di totale appagamento. Ma ho dovuto fare i conti con il fatto che non avevo la mia famiglia accanto”.

Camilla Urso
Camilla Urso

Ora Camilla sta cercando l’appoggio di associazioni, centri e servizi che possano sposare il suo progetto. Intanto sta pensando a week-end esperienziali rivolti a mamme e papà insieme. Perché la crisi di coppia dopo la nascita di un figlio è un altro dei temi che le stanno a cuore.

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