“Soffio al cuore”: parole che terrorizzano i genitori. Annachiara Nuzzo, cardiologa pediatrica dell’ospedale di Ravenna e specialista della rubrica “Il medico risponde” dell’associazione Cuore e Territorio (nata a Ravenna per la prevenzione dei problemi cardiologici), sa però che la maggior parte dei “fruscii” che i pediatri sentono nei bambini, sono i cosiddetti “soffi innocenti”. Dovuti cioè al fatto che la frequenza cardiaca dei bimbi è più alta e in certe posizione lo scorrere del sangue attraverso le valvole si sente: “Spesso, nel dubbio, i medici indirizzano i genitori dagli specialisti che, attraverso l’elettrocardiogramma, la visita e e l’ecocardiografia, sono in grado di escludere la presenza di soffi patologici, dietro i quali invece c’è spesso una cardiopatia congenita”.
Dottoressa, le cardiopatie congenite non sono rilevabili già prima della nascita, cioè in sede di diagnosi pre-natale?
“Dipende dall’attenzione del ginecologo o dell’ecografista. Quando la cardiopatia viene diagnosticata prima del parto, indirizziamo la mamma al Sant’Orsola di Bologna per farla partorire lì e consentire al bimbo di essere operato già nelle prime ore o nei primi giorni di vita. Oggi purtroppo abbiamo un problema in più: le mamme straniere spesso arrivano alla fine della gravidanza senza aver fatto visite né ecografie. Mi è successo con una donna originaria dell’Albania: non sapeva che il figlio avesse una cardiopatia piuttosto grave e ho ancora in mente questo bimbo morente tra le mie braccia, le sirene dell’ambulanza, la corsa a Bologna. Per fortuna è salvo e sta bene”.
Qual è l’incidenza delle cardiopatie sulla popolazione?
“Parliamo del 2-3%. Una percentuale dentro la quale stanno sia le cardiopatie semplici che quelle complesse. Ci sono persone che non vengono nemmeno operate, bambini che monitoriamo a vita ma che non subiscono danni effettivi dalla malformazione che presentano. Altri, invece, vengono sottoposti a numerosi interventi”.
Ci sono segnali evidenti, alla nascita, dell’esistenza di un problema cardiaco?
“Sì: valori anomali nella saturazione del sangue, colorito strano. In altri casi, invece, ci accorgiamo della cardiopatia solo più avanti. Oggi le macchine sono avanzate, abbiamo un’arma in più. Ma può succedere che la diagnosi arrivi anche a sei o sette anni, se non oltre”.
Ci sono segnali ai quali un genitore dovrebbe prestare particolare attenzione?
“Nei neonati i campanelli d’allarme più comuni sono l’inappetenza, la scarsa crescita, l’atonicità, la difficoltà a respirare. Nei bimbi più grandi deve far preoccupare il fatto che si stanchino subito, che giochino poco, che si portino la manina al cuore, che facciano fatica a respirare. Spesso significa che il cuore è insufficiente, che una valvola non funziona. Se un genitore nota questi sintomi, meglio che li segnali”.
La cronaca riporta di tragici morti bianche, spesso di atleti, anche giovanissimi, che sebbene sottoposti a visite continue, sotto sforzo fisico ci lasciano la pelle. Come può succedere?
“Noi medici, anche controllando tanto, non siamo in grado di vedere quello che c’è oltre la parte anatomica e organica del cuore. Per esempio, non conosciamo tutta la parte elettrica. In rari casi ci sono anomalie genetiche legate, magari, ai canali del potassio, non rilevabili con una ecografia, nemmeno se effettuata sotto sforzo. Estendere queste visite iperspecialistiche a tutta la popolazione sarebbe una operazione abnorme e dai costi insostenibili. Oggi abbiamo anche una legge che per alcuni tipi di attività fisica dei bambini impone l’eletrocardiogramma: mi basta a prevedere e prevenire? Non sempre, purtroppo”.
E quindi? Ci si arrende alla fatalità?
“No, la strada giusta è quella dei defibrillatori, di cui tutti gli spazi pubblici e non solo dovrebbero essere dotati. In Italia siamo indietro ma la sensibilizzazione sta aumentando. Purtroppo, a donarli, sono spesso i parenti delle vittime. Bisogna far passare il messaggio che sono utili a tutti, che salvano vite. Ogni scuola, palestra e supermercato dovrebbe avere un defibrillatore e una persona che lo sa usare”.
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