3253970-9788817080149Mamme, mettete via i sensi di colpa. Perché se tra mail e smartphone, Ipad e teleconferenze pensate di non essere all’altezza di seguire i vostri figli a 360 gradi, c’è chi – da esperto – vi difende. Sono Davide Comazzi e Laura Turuani, psicoterapeuti dell’Istituto Minotauro di Milano, che nel libro “Mamme avatar” (Bur) scattano una fotografia reale e ottimistica delle mamme di oggi, le “native digitali”, quelle che sanno tutto della scuola grazie al gruppo WhatsApp della classe e al registro elettronico, che si fanno mandare i video della giornata dei bambini dalla baby sitter e che consultano il menù della sezione su Internet. A chi dice che oggi le mamme non sono più quelle di un tempo, chiocce iperpresenti senza altro pensiero che i figli, Laura Turuani contesta che oggi, le donne, lo sono ancora più di una volta. Grazie, appunto, ai loro avatar.
Chi sono gli avatar delle mamme di oggi?
“Oggi le mamme, per risolvere il grande dilemma della vicinanza-lontananza, utilizzano dei cloni o avatar: asili, baby sitter, scuole scelte con un’attenzione molto precisa. Le mamme delegano poco e vivono, invece, all’insegna della rappresentatività: la loro ombra incombe dappertutto nella vita dei figli, organizzata nei minimi dettagli proprio dalle mamme”.
La tecnologia, in questa organizzazione, che ruolo ha?
“Un ruolo fondamentale: foto, video, messaggi sono i nuovi veicoli affettivi, cordoni ombelicali virtuali attraverso i quali le mamme veicolano la vicinanza, l’amore, la relazione. Le donne si dotano, tramite telefonini e compagnia, di dispositivi anti-abbandonici che nell’infanzia servono anche ad evitare il senso di colpa per il rientro al lavoro, che poi è il momento clou nel quale la mamma avatar nasce”.
Questa onnipresenza delle mamme, anche e soprattutto virtuale, ha dei risvolti negativi?
“In adolescenza sì: le mamme, a un certo punto della vita dei figli, devono deporre gli strumenti tecnologici per dare spazio alla fisiologica separazione che i bambini, ormai ragazzi, devono vivere per staccarsi dai genitori, crescere, diventare autonomi e riuscire a farcela da soli. La propensione delle mamme ad arrivare dappertutto in adolescenza si incrina”.
Forum, blog, siti Internet, gruppi Facebook: le mamme, sulle piazze virtuali, si sono conquistate spazi molto estesi. Anche qui, ci sono dei rischi?
“Io credo che tutte gli estremismi siano in sé dannosi: chiaro che se una mamma resta connessa tutto il giorno a Internet senza accorgersi nemmeno che il bambino piange, non va bene. Ma in generale i blog, i forum e i gruppi rispondono a quel bisogno descritto dal celebre proverbio africano secondo cui per crescere un bambino serve un villaggio. Non solo: usano l’ironia intelligente e sapiente per sdrammatizzare momenti dai quali, bene o male, passano tutte. E, soprattutto, risolvono il gravissimo problema della solitudine delle mamme. Nel libro, appositamente, all’apparato teorico al quale teniamo molto abbiamo voluto alternare stralci tratti dal web per mostrare la forza e l’attualità dei siti per mamme. Che fanno decadere il mito della mamma perfetta e impeccabile, quella che non sbaglia mai, non si lamenta e non si scompone”.
Le mamme avatar sono solo un’evoluzione di quello che le donne, rispetto ai figli, sono sempre state?
“Noi crediamo di sì, siamo convinti che la mamma multitasking, iperorganizzata e connessa sia solo una donna che interpreta il ruolo materno in modo diverso rispetto al passato. Non siamo qui a sindacare se era meglio prima o se è meglio ora: la nostra è una fotografia, non una presa di posizione”.
Nel libro si parla anche di “azienda” in riferimento al fatto che le mamme mettono in atto dinamiche manageriali nella gestione della famiglia, della casa, della loro professione. Azienda è una parola per forza negativa?
“Tutt’altro. Il codice materno, oggi, si inserisce in una identità femminile già ‘multi’. Prima di diventare mamma la donna è figlia, compagna, moglie, amica, sorella, professionista, studentessa, sportiva. La donna è già abituata a mettere tutto insieme, a fare tante cose e a volerle fare bene. Quando arriva la maternità, semplicemente, applica alla sua nuova vita il bisogno di organizzare, conciliare, non rinunciare”.