mensa“(Non)Tutti a mensa!”. Ha un titolo che è tutto un programma il recente rapporto di Save the Children sulla refezione scolastica in Italia. La ricerca prende in esame le mense delle scuole primarie nei 45 Comuni capoluogo di provincia con più di 100.000 abitanti, analizzandone tariffe, esenzioni, riduzioni, azioni mese in atto in caso di morosità, ma anche prendendo in considerazione gli aspetti qualitativi, comprendendo le opinioni di cento bambini di sei città (Torino, Milano, Napoli, Bari, Crotone, Scalea).

Dal report emerge che innanzitutto la mensa non sempre è presente nelle scuole: il 40% degli Istituti Comprensivi (primaria e secondaria di I Grado) ed istituti di istruzione superiore (secondari di secondo grado) ne è infatti ancora sprovvisto. E’ il Sud che presenta la situazione più problematica, con percentuali che salgono al 53% in Puglia e al 51% in Campania, mentre il Nord si attesta tra il 32% e il 27%.

Nella maggior parte dei casi (90%) il servizio è in appalto a ditte esterne e nella maggior parte dei casi (65% dei Comuni) i pasti vengono preparati all’eterno delle scuole per poi essere trasportati nelle mense.

Grandi differenze anche per quanto riguarda i criteri di accesso, laddove le mense sono presenti. Sui 45 Comuni monitorati, 25 prevedono l’accesso a rette agevolate per i soli residenti, mentre 6 comuni non prevedono alcuna esenzione dal pagamento, neanche per le famiglie più povere. Sette Comuni escludono il bambino dal servizio in caso di insolvenza dei genitori.

Anche i costi variano da città a città, le tariffe minime vanno per esempio da 0,35 euro al giorno di Salerno a 5,5 di Bergamo, mentre se si confrontano tra loro quelle massime, si riscontrano costi che vanno da 2,3 euro di Catania a 7,7 euro di Ferrara. I Comuni di Bolzano, Catania, Padova, Rimini, Salerno e Trento non prevedono alcun esonero, nemmeno per coloro che hanno un ISEE al di sotto dei 5000 euro all’anno e tre figli a carico.

Il report evidenzia poi le buone e cattive e prassi riscontrate nei Comuni presi in esame: tra i migliori Bologna e Forlì, che si distinguono per flessibilità nelle tariffe e criteri agevolativi per i più svantaggiati. Mentre tra i peggiori troviamo Modena e Rimini, il primo perché esclude i figli dei genitori morosi dal servizio e quelle dei comuni, mentre il secondo non prevedere nessuna forma di esenzione dal pagamento per famiglie in situazione di disagio socio-economico.

Qui l’intero rapporto