La loro bimba nacque affetta da sindrome di down e, adesso, al termine di un iter giudiziario durato dieci anni, il ginecologo viene condannato a risarcire i danni per non aver dato le corrette informazioni gravidanza. Il medico avrebbe potuto consigliare l’amniocentesi e l’analisi dei villi coriali (la villocentesi) nonostante il risultato del bi-test fosse preoccupante: il livello di rischio era doppio rispetto alla norma. Alla donna, all’epoca ventenne e in buona salute e quindi a basso rischio per la sindrome di Down, è stata invece prescritta l’ecografia morfologica oltre la ventiquattresima settimana, quando non avrebbe più potuto interrompere la gravidanza.
Così il ginecologo è stato citato in giudizio dalla coppia (tutti e tre sono originari di Mantova) che all’epoca non ha riconosciuto la figlia e che avrebbe deciso per l’aborto qualora avesse saputo in tempo della patologia della bambina. Solo pochi giorni fa è arrivata la condanna: il medico era stato assolto in primo grado e in appello, ma la Cassazione ha ritenuto che non ha informato in maniera completa ed esauriente la coppia su tutte le indagini prenatali per diagnosticare tempestivamente la grave malformazione del feto. Insomma, il medico non ha approfondito ed è almeno singolare che questa pratica sia in linea con le attuali direttive del ministero della Salute che consigliano di evitare gli esami inutili per tagliare gli sprechi e ridurre le liste di attesa. Insomma, quasi quasi il ministro Beatrice Lorenzin potrebbe prendere questo ginecologo di Mantova come esempio vivente delle linee guida del governo in materia di salute. E’ evidente che c’è qualcosa non quadra.
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