“Mia moglie non mi ha dovuto convincere. Già durante la gravidanza, dicevo sempre che, il congedo, lo avrei preso io”. Alessandro Sportelli è il papà di Edoardo, tre mesi. La mamma, Claudia Melandri, lavora come psicologa e psicoterapeuta libera professionista. Ragion per cui, di diritti rispetto alla maternità, ne ha ben pochi. E così il marito, che lavora da 16 anni come magazziniere alla Comecer Spa di Castel Bolognese, dall’11 gennaio è a casa con il bebè. A Faenza, dove la famiglia vive.
E ci rimarrà fino all’11 giugno, pagato al 30% dello stipendio, periodo dopo il quale prenderà un mese di ferie arretrate. Quando rientrerà al lavoro, a metà luglio, potrà beneficiare dell’orario ridotto, ovvero di due ore in meno al giorno per l’allattamento: “Con un po’ di aiuto di mia suocera e le vacanze estive – spiega Claudia – non sarà difficile arrivare al primo compleanno di Edoardo, che poi inizierà ad andare al nido”.
Nel frattempo, le giornate di Alessandro e del figlio trascorrono tra pannolini da cambiare, sonnellini, passeggiate e biberon. In realtà la mamma, che dopo il primo mese a casa con il piccolo ha ripreso la sua attività professionale, non ha rinunciato del tutto all’allattamento: “Mio marito è un po’ il fattorino della poppata. Per almeno un pasto al giorno, infatti, mi porta Edoardo al lavoro per consentirmi di allattarlo al seno”.
Per quanto siano passate meno di due settimane dall’inizio del congedo di paternità, Alessandro è più che soddisfatto: “Ero un po’ preoccupato di non riuscirmela a cavare ma vedo che, invece, sta andando tutto molto bene. Al contrario di molti genitori che dopo due ore perdono la pazienza, a me piace passare il tempo con mio figlio, non mi pesa”. E l’hanno presa bene anche amici e parenti, per quanto poco abituati a vedere che l’uomo si prende cura dei bambini mentre la mamma è al lavoro: “C’è stata solo molta meraviglia – precisa Claudia – da parte di qualcuno. Si è in genere poco abituati a vedere i ruoli tradizionali ribaltati. C’è chi chiama mio marito ‘mammo’ ma la prendiamo con ironia”.
In fondo nel’azienda dove Alessandro è assunto, non è la prima volta che un papà prende il congedo: “Negli ultimi anni – spiega lui – altri cinque o sei colleghi hanno fatto la stessa scelta, anche se non tutti per periodi medio-lunghi come me”. Ogni situazione familiare, infatti, è a sé: “La nostra valutazione è stata anche di tipo economico – racconta la neo-mamma-. Visto che percepiamo bene o male stipendi simili, non siamo nella situazione classica in cui lui prende molto di più di lei ed è costretto a rinunciare al congedo perché la riduzione salariale sarebbe molto più alta”. Ma la scelta è stata anche più profonda: “Quando è solo la mamma ad occuparsi dei bambini – spiega Alessandro – il rischio è che la figura del padre, che in genere resta al lavoro tutto il giorno, venga relegata in un angolo. E la relazione con il bambino, così, non si sviluppa. Io sono contentissimo di questa esperienza: la consiglierei a ogni papà”.
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