neonato mammaLa medicina moderna lo ripete sempre più spesso: il cancro si può vincere. Lo sappiamo ed è un bene ripeterlo, per dare un aiuto in più a quanti ne sono colpiti e ai loro cari. Perché è altrettanto noto che nella lotta contro il male la componente psicologica è fondamentale. Per questo oggi vogliamo proporre una vicenda contenuta nel libro a cura dell’Associazione Italiana di Oncologia Medica “Si può vincere”: il volume, presentato qualche mese fa, racconta 16 storie, quelle di nove uomini e sette donne che hanno combattuto la lotta contro il cancro. Nelle loro parole l’angoscia e la disperazione al momento della diagnosi. Ma senza mai perdere la forza di rialzarsi fino alla possibilità di utilizzare le terapie immuno-oncologiche innovative. Oggi queste persone convivono con la malattia con una buona qualità di vita e, in alcuni casi, possono affermare di averla definitivamente sconfitta.

Sono mamma e casalinga a tempo pieno, ho trentasei anni e vivo in provincia di Torino. Ho scoperto di avere un tumore, il melanoma, nel giugno 2007, quando avevo ventotto anni. Un vero e proprio fulmine a ciel sereno perché solo due settimane prima ero diventata mamma di un bellissimo bambino. Da tempo avevo un neo sulla schiena e, subito dopo il parto, mi convinsi ad andare in ospedale per rimuoverlo. Mia madre continuava a ripetermi: Fallo togliere, guarda com’è brutto!!! E infatti aveva ragione! Quindici giorni dopo la rimozione del neo, arrivò la diagnosi: era un melanoma, un maledetto melanoma. In quel momento era al terzo stadio, ma senza metastasi. Un figlio e un tumore allo stesso tempo, gioia e disperazione si alternavano nella mia mente, creando un incredibile stress.

Ma com’è possibile, mi chiedevo di continuo, sono sempre stata una persona sana, fino ad allora non avevo mai avuto niente, nemmeno l’influenza all’improvviso, mi è davvero crollato il mondo addosso! Il mio primo pensiero fu: Cavolo, adesso muoio! E poi ho appena avuto un bambino, come faccio?, ma subito dopo mi domandai: Perché non devo farcela? Io ho la forza per combattere! E poi ho un grande marito che mi è sempre stato accanto e due genitori fantastici, che purtroppo sono morti in questi anni, mio padre nel 2012 e mia madre nel 2013, entrambi a causa di un tumore. Sono convinta che loro abbiano smesso di combattere per trasmettere a me la forza necessaria per continuare, per poter crescere il mio bambino e stare accanto a mo marito. Per questo non mi sono mai lasciata andare, ho sempre curato molto anche il mio aspetto fisico, perché non mi piace essere compatita. Non avrei mai sopportato quelle frasi di circostanza, ‘Guarda, poverina’ …. Bastano pochi sguardi per capire cosa gli altri pensano veramente, ‘Questa è malata, muore…’. Solo i familiari sanno della mia malattia, non ne ho mai parlato con gli estranei. Mi sono confidata solo con un paio di carissime amiche. Con gli altri ho sempre mentito e probabilmente sono stata molto brava. Chi non ne è al corrente infatti mi dice: ‘Tu sei sempre allegra!’. Se solo sapessero cosa ho passato! A parte qualche cicatrice non ho segni evidenti del cancro sul mio corpo. pronto soccorso incidente

Nel corso di questi anni mi è stato consigliato anche il supporto di uno psicologo, ma ho sempre rifiutato anche solo l’idea di ricorrere a un aiuto di questo tipo, sarei stata ancora peggio, ne sono convinta. Dopo la diagnosi, nell’estate del 2007, subii un intervento molto invasivo all’Ospedale di Moncalieri, in provincia di Torino, i medici dovettero rimuovere un’ampia porzione di pelle sulla mia schiena. Ma ciò non fu sufficiente a estirpare la malattia. Per la seconda volta in poco tempo mi cadde il mondo addosso. In quel momento iniziai davvero a prepararmi al peggio. Superato lo shock, decisi di non mollare. Non potevo fare altro, se volevo guarire, dovevo combattere. Uno il destino se lo crea anche con le proprie mani. Subito dopo, i medici mi sottoposero a una terapia a base di interferone.

Dopo questo trattamento, la mia vita procedette normalmente con controlli periodici quattro volte l’anno. Inizialmente andò tutto bene e la frequenza degli esami di follow-up passò da tre a sei mesi. Nel 2009, durante uno di questi controlli, scoprii che la malattia non era stata debellata. Sempre all’Ospedale di Moncalieri, con un nuovo intervento furono rimossi i linfonodi inguinali e ascellari. Dopo l’operazione ricominciai a vivere questa volta speravo proprio che andasse tutto bene. Non vedevo l’ora di mettere una pietra sopra tutta questa esperienza! Ma la malattia si ripresentò nel 2011. Inizialmente mi sottoposi alle visite oncologiche all’Ospedale di Moncalieri, mentre gli interventi furono eseguiti all’Istituto per la Ricerca e la Cura del Cancro di Candiolo. Poi, per evitare di dover continuare a fare la pendolare fra le due strutture, decisi di andare solo nel centro di Candiolo. In quell’anno, si presentarono alcune metastasi inguinali che i medici cercarono di eliminare con un nuovo intervento, che purtroppo non servì a nulla, perché il linfonodo era nascosto dietro a un’arteria. Riuscirono a togliermelo solo con una seconda operazione in laparoscopia nel dicembre 2011. Mio padre morì poco dopo, nell’aprile 2012, la sofferenza per questa perdita fu immensa sono convinta che anche il dolore per la sua malattia abbia influito sulla ricomparsa del melanoma.

Migliorai per alcuni mesi, poi nel 2013 un’altra ricaduta. I medici mi dissero che il melanoma si era ripresentato, ma io non confessai la verità a mia madre, che stava male. Le mentii, facendole credere che andava tutto bene. Non volevo che smettesse di combattere per se stessa. Purtroppo morì e la mia malattia peggiorò ancora. Il risultato dell’esame istologico non fu per niente buono. Il bisturi ormai non poteva più aiutarmi, perché i linfonodi erano paraaortici, cioè molto piccoli e sparsi, principalmente nella pancia e sul collo. Così i medici dell’Istituto di Candiolo contattarono i loro colleghi all’Ospedale San Martino di Genova, dove era disponibile una nuova cura da affiancare alla tradizionale chemioterapia, l’immunoterapia. Così entrai in uno studio sperimentale. Sono stata subito molto felice di provare questa terapia innovativa, nivolumab, mi sono sentita privilegiata per questa preziosa possibilità. Ci ho creduto fin dal primo momento. E ci credo ancora, visto che sto proseguendo questo tipo di trattamento. Fra l’altro ero al limite dei requisiti richiesti per poter entrare nello studio sperimentale. Il mio unico timore era dovuto agli eventuali effetti collaterali, soprattutto a quelli più visibili. Il mio primo pensiero è andato ai capelli... no, non volevo assolutamente vederli cadere, davvero non l’avrei sopportato! Per fortuna l’immunoterapia non ha dato questo tipo di effetto collaterale, a differenza di quanto accade spesso con la chemioterapia. I medici dell’Ospedale San Martino di Genova sono stati molto bravi a tranquillizzarmi. Se un medico ha gli strumenti per infonderti fiducia, anche tu alla fine ti senti meglio. Ho provato questa sensazione in prima persona, sulla mia pelle.

gita in famigliaA mio figlio non ho mai parlato del tumore e delle cure. All’inizio ovviamente era troppo piccolo, adesso potrei raccontargli tutto. Ma preferisco aspettare, quando sarà più grande affronterò con lui questo aspetto della mia vita. In questi anni non si è mai accorto di niente, nel periodo delle cure e dei ricoveri lo portavo da mia sorella così giocava con i suoi cugini. Ora, quando devo andare a Genova per i controlli, gli dico che sono in giro per lavoro con mio marito. Parto la mattina verso le cinque e torno in tempo per prenderlo quando esce da scuola. Sono solo piccole bugie non voglio farlo soffrire, secondo me è giusto così. E poi fin dall’inizio ho deciso che ce l’avrei fatta a sconfiggere il tumore! Ogni tanto dico a mio figlio: “Sai che mamma è Wonder Woman? Quando sarai grande te ne accorgerai”. Lui è appassionato di supereroi.

Mi curo moltissimo dal punto di vista estetico e ho sempre il sorriso. La mia qualità di vita oggi è buona. Se faccio un bilancio degli ultimi anni, non posso lamentarmi: a parte il melanoma e la perdita dei miei genitori, ho tutto quello di cui ho bisogno per vivere con serenità.