Ero in fila alla cassa per pagare un regalo per mia figlia. Davanti a me, diverse coppie divise da un passeggino. C’era anche qualche carrozzina. Lei parla, lui annuisce meccanicamente, il piccolo dorme o si lamenta. Mi viene da sorridere ripensando a quando ero io ad annuire meccanicamente. Dovere di ratifica, divieto di rettifica.
Perché prima c’era il tuo posto a tavola, la tua partita del sabato, la tua dose di coccole, la tua voce in capitolo ma quando arriva un figlio gli equilibri inevitabilmente cambiano. Spesso saltano. Bisogna ammetterlo, quando arriva l’altro lui (o altra lei), il papà viene un po’ messo da parte. E dire che l’inizio mi era sembrato interessante. Occhiate furtive sul divano, carezze languide in doccia, ammiccamenti voluttuosi in camera. Grande spremuta sessuale. Tutto bellissimo (e anche un po’ faticoso) finché non compare la fatidica seconda linea rossa sul test di gravidanza.
Da lì, in genere, la mamma, insieme alla sua pancia, viene catapultata al centro del mondo: ecografie, parcheggi riservati, sorrisi della gente, campanelle portate al collo, vestiti e pettinature improbabili. E tutti i discorsi ruotano intorno alla scelta (obbligata) del nome, al come arredare la cameretta, a qual è il trio più pratico da acquistare.
Poi arriva ‘il giorno più bello della mia vita’ e lui/lei si prende inesorabilmente la scena. Si prende tutto: ruba il sonno, le attenzioni, l’intimità. Rincretinisce i nonni: assomiglia a me, assomiglia a te quando eri piccolo, non è il tuo. Le domande, poi, sono sempre le solite: come è stato il parto? Prende la tetta? Dorme la notte? Andrà subito al nido?
Nessuno che si degni di chiedere al papà ‘ti sei sentito un po’ messo da parte?’.
In ogni caso, nel dubbio, si prega di annuire meccanicamente.
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