Ci sono delle terribili notizie di cronaca che, sebbene riguardino casi ben definiti e limitati, provocano pessimismo e ansia, quando non proprio panico e allarmismo. E’ il caso della mortalità materna, una vicenda che tocca soprattutto le gestanti e tutte coloro che sognano un figlio. Molto opportunamente dunque l’Istituto superiore di sanità ha appena pubblicato una nota che dovrebbe aiutare a dare la giusta dimensione alla vicenda ad ampliare le informazioni e a sciogliere i dubbi.
Scrive l’Iss: “In Italia la mortalità materna si conferma un evento raro, con un tasso analogo alla Gran Bretagna e alla Francia dove muoiono 10 donne ogni 100 mila nati vivi. Nel nostro Paese, tra il 2006 e il 2012, per cause legate alla gravidanza e al parto, ne sono morte nove ogni 100 mila con un’ampia variabilità tra regioni compresa tra un minimo di 6 decessi in Toscana e un massimo di 13 ogni 100 mila in Campania“. Le cifre, illustrate in un recente convegno, dimostrano che la causa più frequente delle morti materne precoci (ovvero entro 42 giorni dalla nascita) “è l’emorragia, responsabile del 43,5% del totale dei decessi, seguita dai disordini ipertensivi della gravidanza (19,1%) e dalla tromboembolia (8,7%). Tra le morti materne registrate nell’intervallo tra 43 giorni e 1 anno dal parto, un quarto è dovuto a suicidi“.
“Il basso tasso di mortalità materna è anche frutto dell’attivazione nel nostro Paese di un sistema di sorveglianza attiva che rappresenta un’eccellenza europea in questo campo”, dichiara Walter Ricciardi, presidente dell’ISS. “La mortalità materna – aggiunge Serena Donati, responsabile dell’Italian Obstetric Surveillance System – è in Italia un fenomeno raro, che, d’altra parte, non è possibile azzerare neppure nei Paesi socialmente avanzati dotati di un buon sistema sanitario proprio come quello italiano”. Per rafforzare la prevenzione la Donati annuncia che il prossimo ottobre ci sarà “la pubblicazione di una Linea guida italiana sulla prevenzione e sul trattamento dell’emorragia del post partum”.
Tornando ai dati, il 21% dei decessi ha riguardato donne di cittadinanza non italiana; una donna su due era di età pari o superiore ai 35 anni, “condizione che espone a un rischio di morte materna quasi triplo rispetto a quello delle donne più giovani, mentre il basso livello di istruzione lo raddoppia. Il taglio cesareo aumenta il rischio di mortalità e di grave morbosità materna di oltre quattro volte rispetto a quello delle donne che partoriscono spontaneamente, per quanto si debba tener presente che questo rischio è parzialmente sovrastimato poiché le indicazioni all’intervento chirurgico, se appropriate, sono esse stesse un fattore di rischio per esiti sfavorevoli materni e/o neonatali”.
Inoltre la maggioranza dei decessi (68%) avviene in occasione del parto e il 19% durante la gravidanza. Le morti in occasione del parto nell’86% dei casi seguono un taglio cesareo. In ordine di frequenza i dati della sorveglianza confermano l’emorragia ostetrica come prima causa di morte materna, seguita dalla sepsi, dai disordini ipertensivi della gravidanza e dall’influenza. Le criticità assistenziali più frequentemente segnalate dai clinici che hanno assistito le donne e dai revisori dei casi clinici sono: l’inappropriata indicazione al taglio cesareo, la mancanza di adeguata comunicazione tra i professionisti, l’incapacità di apprezzare la gravità del problema, il ritardo nella diagnosi e nel trattamento e la diagnosi e il trattamento non appropriati.
Il progetto sulla grave morbosità materna da emorragia del post partum, iniziato nel 2014, che ha coinvolto tutti i punti nascita di sei regioni che coprono il 49% dei nati del Paese, ha permesso di stimare per la prima volta l’incidenza del fenomeno. Una donna ogni 1000 che partorisce spontaneamente e tre donne ogni 1000 che subiscono un taglio cesareo vanno incontro a una grave complicazione emorragica del post partum. I principali fattori di rischio sono l’età pari o superiore a 35 anni, aver già avuto un taglio cesareo nelle precedenti gravidanze e partorire con taglio cesareo rispetto al parto vaginale. In forte crescita, a causa dell’aumento dei cesarei, le anomalie della placentazione che possono causare pericolose emorragie difficili da trattare. Su 590 gravi emorragie prese in esame, nel 44% dei casi è stato necessario asportare l’utero per arrestare l’emorragia.
L’Iss ricorda la propria attività di prevenzione attraverso corsi di formazione per i professionisti sanitari, la realizzazione di linee guida e lo studio, in via di conclusione, sui casi di grave morbosità materna da emorragia ostetrica: “Le nuove conoscenze sulla emorragia del post partum che lo studio mette a disposizione dei clinici e dei decisori saranno utili per migliorare la qualità dell’assistenza al percorso nascita”. Per ulteriori approfondimenti sulle attività della sorveglianza ostetrica è possibile consultare il sito web dedicato sul portale dell’ISS.
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