Una scena straziante: la moglie, in avanzato stato di gravidanza e con altri tre figli a casa, ha pianto a lungo sul corpo ormai senza vita del marito, assassinato pochi minuti prima con un colpo di pistola alla nuca. E’ corsa disperatamente in strada, non si è neanche messa le scarpe, ed ha assistito disperatamente ai tentativi di rianimazione del personale medico. Una mezz’ora di lavoro che però non è stata sufficiente. Poi la donna ha vegliato l’uomo che amava fino a quando le autorità non hanno dato il via libera per la rimozione del cadavere. E’ successo a Rimini, ieri sera verso le 23 davanti ad un ristorante del lungomare Toscanelli, in zona Rivabella. La vittima, Petrit Nikolli, albanese 45enne residente da diversi anni a Rimini e incensurato, è stato raggiunto da un auto dalla quelle sono scese un paio di persone. Dopo una breve discussione, il killer ha estratto l’arma ed ha freddato Nikolli in quello che a prima vista pare un vero e proprio regolamento di conti.
Gli assassini dell’uomo, suoi connazionali, sono stati arrestati da poche ore a Milano grazie all’attività della squadra mobile di Rimini in collaborazione con i colleghi lombardi. Dalle prime ricostruzioni sembra si tratti di un delitto maturato in ambito familiare e riconducibile al Kanun, il codice consuetudinario albanese originario del Medio Evo, basato su un sistema patriarcale e al centro del quale c’è la parola d’onore: una promessa è irrevocabile e deve essere mantenuta anche a costo della vita. In questo contesto arriva a scattare perfino la vendetta di sangue, considerata come il diritto di vendicare l’uccisione di un familiare, colpendo fino al terzo grado i parenti maschi dell’assassino. Adempiere alla vendetta è considerato un obbligo, pena il disprezzo da parte della collettività. Anche se è previsto il perdono la frase che caratterizza questa pratica è: “L’onore si lava con il sangue”.
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