Bimbo ipovedente usa il braille aiutato dall'insegnante di sostegno (Foto d'archivio)
Bimbo ipovedente usa il braille aiutato dall’insegnante di sostegno (Foto d’archivio)

La scorsa settimana Y., sette anni, ha salutato il suo insegnante di sostegno tra le lacrime. A settembre, quando inizierà la seconda elementare, dovrà infatti sopportare l’ennesimo cambiamento. E chissà se, a essergli assegnato, sarà un docente capace di usare il braille, il sistema di lettura e scrittura a rilievo. Secondo Morena C., mamma di Y., molto probabilmente no. E per suo figlio sarà l’ennesima botta: “Per i nostri bambini, già svantaggiati, non è garantita la continuità che dovrebbe invece costituire un caposaldo. Vengono considerati dei pacchetti di ore. Alla scuola dell’infanzia, in tre anni, Y. ha cambiato sette insegnanti di sostegno”.

Al bimbo, che vive con la famiglia a Castrocaro, otto ore dopo la nascita venne diagnosticato un glaucoma congenito che lo rende, di fatto, ipovedente grave: “Ha un residuo visivo che stiamo cercando di mantenere con un percorso di cura a Londra, una scelta forte a livello fisico, psicologico e anche economico che ho fatto insieme a mio marito visto che, qui in zona, non ci sentivamo adeguatamente seguiti”.

La battaglia più grande, dopo l’accettazione della malattia di Y.. la famiglia di Morena l’ha dovuta però affrontare a livello legale per vedere garantite al figlio le ore di sostegno che gli spettano di diritto: “Alla fine del primo anno di materna abbiamo scoperto che delle 25 ore di cui ci avevano assicurato Y. usufruisse, in realtà solo la metà erano spettate a lui. Le altre erano state assegnate a una bimba con un’altra disabilità. La bimba, poi, l’anno dopo ha iniziato la scuola primaria e Y. è rimasto con 12 ore e mezzo. Abbiamo fatto vari ricorsi, prima all’ufficio scolastico provinciale di Forlì poi a quello regionale ma non essendo stati accontentati, siamo ricorsi al tribunale civile. Ogni anno il giudice ci dava ragione, emettendo un provvedimento d’urgenza per integrare le ore mancanti”.

Solo lo scorso ottobre, dopo tre anni di battaglie, è arrivata la sentenza definitiva che ha stabilito come Y., fino alla quinta elementare, debba avere 22 ore settimanali di sostegno: “Resta assurdo e paradossale il fatto che sia la famiglia del soggetto debole a dover farsi carico di tutto questo. Noi l’abbiamo potuto fare grazie a un’amica avvocato. Quindicimila euro di spese legali non ce le saremmo mai potute permettere altrimenti. Io lavoro in un’agenzia viaggi, mio marito fa l’operaio, abbiamo il mutuo da pagare. Ditemi se tutto questo è normale”.

Quando si ha un figlio con un problema grave come quello di Y., poi, sono molte le spese a carico della famiglia: “I colliri strettamente inerenti la sua patologia sono mutuabili, gli altri no. Per alcuni anni l’Asl ci ha passato il servizio di fisioterapia, che devo ammettere è stato di alto livello. La più grande mancanza, secondo me, è sul fronte della psicomotricità di cui molti bambini con difficoltà, mio figlio compreso, hanno bisogno. Le sedute sono care e la sanità pubblica non le prevede”.

Nonostante tutto questo, Y. è un bimbo sereno: “Ha cominciato a prendere consapevolezza della propria disabilità solo dall’anno scorso. Fa una vita sostanzialmente normale, con molte accortezze. Non può andare in bici, non può giocare a calcio come vorrebbe. Come tutte le mamme, vorrei solo che mio figlio fosse felice e non soffrisse. Il glaucoma causa a Y. un inestetismo abbastanza evidente e quando non indossa gli occhiali scuri capita che gli altri bambini lo prendano in giro, che facciano domande e che lo chiamino ‘mostro dagli occhi grandi’. Cose che, chiaramente, fanno molto male”.