La maternità e la paternità sono, per Francesca Fornario, un diritto. Non tanto dei grandi, quanto di chi, quei genitori, li avrà come propri. La giornalista e conduttrice satirica di Radio Rai, che domani sera alle 20,45 sarà al Dock 61 di Ravenna (via Magazzini Posteriori 61) a presentare “La banda della culla” (Einaudi), lo ha capito non solo facendo satira politica, ma anche scrivendo quello che aveva progettato come noir (e che invece, a detta di molti, fa parecchio ridere) e, in ultima istanza, diventando inaspettatamente mamma di un bambino russo di nove anni che ha al momento in affido internazionale ma che è decisa ad adottare.
Una sorpresa arrivata nella sua vita dopo la prima presentazione del libro a Milano, quando lo scrittore Tito Faraci che la presentava le aveva sottoposto il caso di un bambino che sarebbe dovuto arrivare in Italia. Salvo venire a sapere che la famiglia che lo avrebbe dovuto accogliere si era tirata indietro: “E così, dopo due mesi, ero mamma a tutti gli effetti. Io sono single, per la legge italiana non posso adottare. Ma ho avviato la causa per riuscirci”.
In attesa che le cose cambino, nulla è invece cambiato, in Italia, rispetto al 2013, quando Francesca ha scritto “La banda della culla”, la storia di tre coppie innamorate che, per diventare genitori, sono costrette a infrangere la legge: perché l’eterologa è vietata, perché se sei omosessuale devi scordarti di avere un figlio, perché mica puoi adottare se ti sei macchiato del reato di “clandestinità”. Il bello è che, quando scriveva, l’autrice era convinta che, al momento della pubblicazione, lo scenario sarebbe stato ben diverso: “Nulla da fare, tutto fermo. La legge sulle unioni civili ha messo da parte la questione della genitorialità, l’eterologa è consentita ma nei fatti non è possibile farla. Per non parlare delle donne e degli uomini che hanno un lavoro autonomo: a loro i congedi non sono garantiti. Claudia, una delle protagoniste del mio libro, quando scopre di essere incinta va a caccia di un lavoro in cui le riconoscano il diritto di rimanere a casa a occuparsi di suo figlio. Ma tra un colloquio e l’altro, capisce che la più grande contraddizione non è quando un uomo ti dice ‘ti lascio perché non ti merito’ ma quando un datore di lavoro ti dice ‘lei è troppo qualificata per questo lavoro’. E sei costretta a cancellare competenze dal curriculum”.
E a farla arrabbiare di più è la distanza tra legge e giustizia, “che dovrebbero sempre coincidere ma in Italia no”. E quando ha saputo della campagna sul #fertilityday del ministero della Salute, a Francesca sono cascate nuovamente le braccia. Cosa da ironizzarci su: “Se prima, i miei fan, erano Renzi e Alfano, ora ci si è messa pure la Lorenzin”. Nel 2018 uscirà il film tratto dal libro: “La situazione sarà la stessa, ne sono certa”.
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