Ravenna, bimbo vittima del bullismo (e della scuola)

bullismoUna storia raccontata per voce della sua mamma, a volte rotta dalla commozione. Difficile ricordare senza lacrime tre anni durante i quali un’azione normale che dovrebbe riempire, anche di entusiasmo, un bambino, si è trasformata in un incubo. E quel che è peggio è che l’incubo non è finito grazie all’intervento deciso della scuola, tantomeno  a punizioni severe dei genitori o a uno spirito di gruppo che permettesse di mettere un punto alla continua umiliazione di un bambino.

L’incubo è finito, anzi si è alleviato, solo grazie all’azione congiunta di polizia municipale e ufficio minori della Questura di Ravenna. Tutti gli altri sono rimasti pressoché inermi, impotenti, spesso anche indifferenti.

La vittima è un bambino all’epoca dei fatti di circa dieci anni che è stato, in una scuola media di Ravenna città, frequentata peraltro da rampolli della buona società, vittima di bullismo in maniera continuata per tre anni.

La mamma del piccolo, in maniera coraggiosa e superando anche la durezza del ricordo, è stata ieri tra i relatori della seduta che ha visto riunirsi, a Ravenna, in maniera congiunta le tre commissioni comunali Sicurezza, Servizi Sociali e Istruzione, convocate su iniziativa della Lista civica CambieRà per parlare di bullismo. Presenti anche i rispettivi assessori di riferimento Eugenio Fusignani, Valentina Morigi e Ouidad Bakkali.

Come Emiliaromagnamamma.it ero presente come tecnico per la lista civica. E tanto mi è bastato, ascoltando la mamma, per capire che il pericolo è doppio: e non risiede solo nel bullismo ma nell’incapacità che alcune istituzioni scolastiche e molti genitori hanno di affrontare il problema.

Il bambino, con un lieve ritardo dell’apprendimento, è stato sempre soggetto a spintonate, offese, derisioni, addirittura a comportamenti umilianti davanti a un insegnante quando i bulli lo hanno etichettato come handicappato di merda. Spesso gli hanno persino abbassato i pantaloni.

Dopo l’intero ciclo di scuole medie ha perso la voglia di andare a scuola e la fiducia nei compagni di classe, tra i quali nessuno ha mai fatto granché per difenderlo. Nonostante la mamma avesse informato la preside e i docenti, la situazione non si è mai normalizzata. Tantomeno i genitori si sono mai resi disponibili al dialogo. Fino alla scoperta dell’esistenza di una chat tra i compagni della classe  (dotati di cellulare già a 10, 11 anni) intitolata “Io odio…” con il nome del bambino.

Una storia indegna di una società civile. Fino a quando la mamma ha deciso di presentare denuncia alla polizia. I responsabili sono stati convocati in Questura e ciononostante gli atti di bullismo non sono mai cessati.

L’intervento dei vigili urbani ha permesso che almeno la mattina, quando il bambino veniva puntualmente spintonato per strada nel momento in cui passavano le auto, la presenza dei vigili, nei giorni in cui la mamma per lavoro era costretta a lasciare il figlio da solo poco prima dell’inizio delle lezioni, ha consentito al ragazzino quantomeno di sentirsi più sicuro.

“Sono stati tre anni difficili – racconta la mamma -, durante i quali ho cercato di far capire a mio figlio che non era lui quello sbagliato. Ma lui oggi ha paura. Non vuole più andare a scuola. Teme che qualcuno possa ricominciare a fargli del male. Ha subito un danno psicologico”.

In commissione era presente anche l’Ispettore della polizia Municipale Giovanni Palmieri che ha seguito la vicenda di persona. Il vigile ha fatto un quadro della situazione per niente rassicurante.  A partire dall’esiguo numero di denunce, rispetto ai casi reali di bullismo, fino alla mancanza di punti di riferimento per i genitori e ai cattivi esempi dati da molti genitori ai figli. 

E la politica in Comune ieri si è interrogata sulle reali possibilità di intervento. Il comune accordo è che serva una posizione forte e decisa. La commissione si è conclusa con la proposta di riunirsi nuovamente e nell’occasione sarà richiesta la partecipazione dei dirigenti scolastici.

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