Tre ragazzini hanno addirittura chiesto un selfie ai carabinieri che li stavano riaccompagnando a casa perché erano ubriachi fradici. Naturalmente volevano condividere la foto sui social e prendere un sacco di like dagli amici. Agli schiaffi dei genitori non ci pensavano proprio. E’ successo a Pavia nell’estate del 2015 mentre a Chioggia lo scorso anno alcuni adolescenti sono stati sorpresi a farsi selfie sui binari, una ‘prova di coraggio’, di cui parlano anche le cronache romagnole, tesa a stabilire chi resiste più a lungo prima del passaggio del treno. Ed ancora: a Treviso un ragazzo è finito in coma etilico in discoteca e mentre lo caricavano sull’ambulanza è stato oggetto di centinaia di foto da parte dei suoi coetanei (per lo più brilli), neanche fosse una rockstar. Anche se poi lo è (quasi) diventato: il giorno successivo si è trovato sommerso di like, condivisioni e commenti su Facebook.
Sono i danni dello smarthpone, una vera e propria arma tecnologica che viene messa in mano ai nostri figli ad un età media di 9 anni, come riporta un’indagine dell’Osservatorio nazionale adolescenza condotta su 8mila ragazzi a partire dagli 11 anni d’età. Dai dati emerge che il 50% degli adolescenti trascorre da 3 a 6 ore extrascolastiche con lo smartphone in mano usando soprattutto una serie di applicazioni social sconosciute ai genitori e potenzialmente pericolose perché assieme ad altre circostanze come i falsi profili sociale (ce l’ha il 14%) espongono i giovani a pericoli come sexting, cyberbullismo e grooming (adescamento di minori online).
Tutto questo eccesso di tecnologia porta a patologie da iperconessione come like addiction, challenge, nomofobia e vamping. Quest’ultimo termine descrive l’abitudine di restare svegli e connessi sui social fino a notte fonda con conseguenze facilmente immaginabili sulla freschezza mentale e fisica dei ragazzi ed è strettamente legata alla nomofobia, cioè il terrore di rimanere senza telefono o senza connessione a internet: una condizione, sottolinea l’Osservatorio che genera ansia, rabbia e fastidio.
Poi ci sono i like ed i selfie, che servono ad accrescere l’autostima. Il report sottolinea che si è disposti a tutto pur di ottenere like: come mettersi a dieta (lo ha fatto il 13%) o sfidare i pericoli per farsi un selfie estremo e dimostrare il proprio coraggio. Infine i challenge, le sfide sui social che nascono come catene. Ci si dà battaglia su questioni stupide e pericolose come ad esempio postare una foto ed un video da ubriachi e nominare altre persone per invogliarle a fare altrettanto. Ci sono stati casi di ragazzini che hanno scattato e poi pubblicato immagini mentre vomitavano o al limite del coma etilico. Per le ragazze c’è un’insidia in più, quella rappresentata dal corpo perfetto, dalle foto in cui viene esaltata la magrezza la cui ossessione può portare all’anoressia e ad altri disordini alimentari.
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