Strana, la vita. Alessandra Nobile, psicoterapeuta, durante la prima gravidanza era andata in crisi perché desiderava una bambina e l’ecografia rivelò invece che avrebbe avuto un maschio. Ma il lavoro più grande di revisione delle aspettative l’ha dovuto fare quando, il 5 dicembre del 2015, Gabriele è nato “con il nasino un po’ schiacciato”, campanello d’allarme della sindrome di Down. Una notizia sul momento terribile e che, in questi 15 mesi, ha imparato e elaborare e ridimensionare, mentre diventava mamma un’altra volta, questa volta di Nicola, un anno esatto dopo l’arrivo del suo primogenito. Sulla sua storia Alessandra, che vive in provincia di Milano, ha scritto “L’importante è che sia sano” (LibreriadelSanto.it).
Un libro dedicato a sua madre Eliana, scomparsa un mese prima della nascita di Nicola, che “ha amato senza se e senza ma dal primo minuto”. Eppure, dopo aver saputo della trisomia 21, il timore più grande, per Alessandra e il marito, è stato proprio quello di comunicarlo ai nonni: “Pur conoscendo bene i nostri genitori, temevamo di dar loro una notizia che avrebbe portato con sé tanto dolore. Invece la loro reazione ha ribaltato le nostre preoccupazioni. Gabriele è stato accolto e accettato per com’è, lavoro che una delle pediatre che lo vide in ospedale mi disse di fare, consigliandomi di guardare il mio bambino e non la sua sindrome“.
Un percorso lungo e graduale che Alessandra, “dopo il primo mese durissimo”, ha iniziato a fare e che sta facendo tutt’ora: “Guardandomi indietro, sono dispiaciuta di non avere goduto dei primi momenti di vita di Gabriele, a parte la sua nascita. Forse, nel mio inconscio, mi ero accorta che qualcosa non andava. Ma fino a quando non abbiamo avuto la diagnosi della sindrome di Down, non ho dato ascolto a quelle sensazioni. Non posso rimproverarmi nulla: le persone vivono quello che vivono e quando sono in mezzo ai problemi non riescono a estraniarsene, è normale”.
Sia la sindrome di Down che la seconda gravidanza in sé hanno messo Alessandra in una prospettiva diversa, quando era incinta di Nicola: “Sul primo figlio, in genere, si riversano tutti i sogni e le speranze. Per il secondo, sarebbe ipocrita negarlo, è tutto diverso. Certo è che la disabilità di Gabriele mi ha anche portata ad abbassare il livello delle aspettive, anche se non mi sono voluta rinchiudere nella paura, che non porta fondamentalmente a nulla“.
Gabriele oggi sta bene: “Va seguito, è sottoposto a controlli medici, due volte alla settimana fa fisioterapia. Ma siamo fortunati, perché dal punto di vista cardiaco e, in generale, fisico, le cose vanno meglio di quanto pensassimo. La paura rispetto al futuro, chiaramente, c’è: non sappiamo come starà, di fronte a quali difficoltà si ritroverà. Ma il nostro obiettivo è renderlo il più autonomo possibile. Siamo qui a rimboccarci le maniche ogni giorno per riuscirci“.
Per il momento, visto che Gabriele è ancora molto piccolo, i riscontri del mondo esterno sono pochi: “Mio figlio non va al nido, sta con me. Frequentiamo la nostra cerchia di amici e ci sentiamo ancora in un ambiente protetto. Lo scoglio, probabilmente, arriverà con l’inizio della scuola elementare. Ma non ci vogliamo fasciare la testa ora”.
Alessandra e il marito, oltre che qualche contatto con le famiglie nella loro stessa situazione, stanno seguendo un corso per corrispondenza del professore Salvatore Lagati del Centro di consulenza pedagogica di Trento: “In futuro, ci piacerebbe partecipare anche ai gruppi vacanza che organizza. Per sentirsi meno soli, il confronto e la condivisione sono importantissimi”.
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