Barbara, arbitro: “Offesa e insultata anche da donne e mamme”

Barbara Panizza
Barbara Panizza

No, sugli spalti dei campi di calcio non ci sono solo i peggiori tifosi dei ragazzi, ovvero i loro genitori. Per Barbara Panizza, 40 anni, presidente della sezione ravennate dell’Aia (Associazione italiana arbitri), ad assistere alle partite ci sono tutte le domeniche anche persone che, nel vedere una donna che dirige una partita, attingono al peggiore repertorio linguistico: quello sessista.

E proprio in questi giorni, prima volta che un tecnico donna guiderà una nazionale maschile azzurra (lei è Patrizia Panico e siederà sulla panchina dell’Under 16), il tema torna attualissimo.

Panizza non usa mezzi termini: “Sono 18 anni che, ogni fine settimana, mi danno della puttana”. Offese alle quali, putroppo, ci si abitua: “Quando scendo in campo, metto in conto che potrà succedere. Non ci sono giustificazioni, assolutamente. Ma il lavoro da fare per cambiare le cose è enorme e impegnativo. E, anche se iniziasse ora, chissà quando potrebbe dare i suoi frutti”.

Panizza, che prima da calciatrice poi da arbitro sui campi di calcio c’è da una vita, ricorda bene i primi tempi della sua carriera: “Per farsi stimare e riconoscere, le donne, che erano pochissime, dovevano fare il doppio dello sforzo rispetto ai colleghi uomini. Non dico che le cose, oggi, non siamo cambiate. A livello professionale esistono carriere specifiche per le donne, che possono fare il mio mestiere con più facilità. Ma siamo ancora una minoranza e affermarsi a volte è ancora faticoso“.

Problema che Panizza avverte non tanto tra i colleghi, quanto nel rapporto con gli spettatori: “Essere offesa o insultata è una consuetudine. E mi stupisco sempre quando certe parole arrivano dalle donne, dalle mamme”. Quanto ai giocatori, invece, massima parità. E ci mancherebbe: “Al massimo, se qualcosa va storto, turo fuori il cartellino rosso”. 

In questo articolo ci sono 0 commenti

Commenta

g