Prezzi agevolati per le stanze. Pranzo e cena disponibili in fasce orarie diverse da quelle canoniche. Un servizio di navetta per l’ospedale e dall’ospedale. Sono i contenuti della convenzione che l’associazione di Rimini “La Prima Coccola”, fondata da un gruppo di genitori che hanno vissuto l’esperienza della prematurità nella Terapia intensiva neonatale dell’Infermi, ha stretto con alcune strutture alberghiere del territorio.
“In alcuni casi, i bambini ricoverati vengono da fuori provincia e per le famiglie, che già devono sostenere il carico emotivo della situazione, i contraccolpi economici e organizzativi sono altrettanto pesanti”. A dirlo, durante l’incontro che si è tenuto domenica scorsa all’ospedale di Ravenna con Marcello Florita, papà di due gemelli nati pre-termine e autore di “Come respira una piuma”, è stata Chiara Soldati, una mamma dell’associazione la cui bimba, sette anni fa, è nata di un chilo e mezzo.
Ogni anno, nella Tin di Rimini, vengono ricoverati 50 bambini sotto il chilo e mezzo. La prematurità, del resto, è in aumento un po’ ovunque, come ci avevano spiegato dall’ospedale di Modena. E aumenta di pari passo anche il lavoro dell’associazione “Cuore di maglia”, che ogni martedì pomeriggio si ritrova allo Chalet dei Giardini Pubblici di Ravenna per confezionare tutine, doudou e copertine per i bimbi prematuri. Lavoro che, da qualche mese, viene fatto anche per servire la Tin riminese.
“La Prima Coccola”, intanto, continua la raccolta fondi, che negli ultimi tempi ha consentito di acquisitare sedie per il reparto e ciucci minuscoli, così come di attivare il servizio che vede ostetriche e psicologhe raggiungere le mamme, una volta che i figli sono stati dimessi, a domicilio. Servizio che secondo Florita, che nella vita fa lo psicoterapeuta, è fondamentale quanto imprescindibile: “Oltre al follow-up medico per i bambini, che nel caso dei miei figli dura tre anni e che ritengo importantissimo, servirebbe un sostegno psicologico per le famiglie, disorientate davanti alla prematurità. Quando ho visto la prima volta Francesca e Filippo, ho fatto prima di tutto fatica a riconoscerli come bambini, visto che pesavano 900 grammi ed erano lunghi quanto una bottiglietta d’acqua da mezzo litro. E poi a riconoscerli come i miei figli, tanto che per diverso tempo li ho chiamati ‘lei’ e ‘lui’. In Tin ho visto genitori morire dalla paura all’idea di portare i figli a casa: lì dentro, per quanto ci si senta in bilico tra la vita e la morte, c’è anche una bellissima ovatta a proteggerti”.
Tanta l’emozione che il racconto di Florita ha suscitato tra il pubblico: “Ci sono voluti parecchi mesi per tradurre il dolore in parole. La scrittura ha aiutato moltissimo”. E la letteratura come “terapia” è anche il senso del progetto “Riaminazione letteraria di poesia intensiva” nel quale è rientrato l’incontro di domenica. Livia Santini, che lo ha creato e messo in piedi, è reduce dalla partecipazione all’International Conference on Medical Humanities di Varsavia, in Polonia, dove è andata a raccontare proprio l’esperienza ravennate.
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