vaccinoIl passaparola fra mamme ormai l’aveva eletta beniamina delle mamme ed era l’infermiera più ricercata di tutte perché con lei i bambini non piangevano. E proprio per questo è finita nel mirino dei colleghi che hanno fatto partire una segnalazione. Al termine della quale è stato scoperto che la donna fingeva di vaccinare i piccoli e in realtà gettava via la fialetta. Poi, con un sorriso, si rivolgeva ai genitori con il classico: “Tutto a posto, è stato bravissimo!”. Questo secondo l’Asl, ma non secondo la magistratura. Un bel guazzabuglio, ma vediamo di fare ordine.

Il caso è scoppiato perché l’Asl 2 di Treviso, dove si sono svolti i fatti da gennaio a giugno 2016, ha appena richiamato 500 bambini per le varie vaccinazioni. Tutti, dicono i medici, senza copertura. Tutti quelli che l’infermiera, che operava nell’ambulatorio La madonnina, ha finto di vaccinare. La donna, che nel frattempo è stata destinata ad un altro incarico, è finita sotto inchiesta da parte della Procura. Ma, come recita una nota dell’Ausl, il giudice delle indagini preliminari ha archiviato il procedimento ai primi di marzo “in assenza di ulteriori elementi a carico”. Le accuse non sono state dimostrate. Tutto finito in una bolla di sapone, dunque? Erano solo gelosie di colleghi che facevano piangere i bambini?

Non esattamente così, secondo l’Asl, dato che la direzione ha ritenuto di “avere elementi sufficienti per ritenere che l’assistente sanitaria non aveva eseguito tutte le vaccinazioni” e l’ha accusata di “grave violazione dei doveri professionali e degli obblighi assistenziali”. Le autorità sanitarie però in mano non hanno prove concrete (altrimenti il procedimento giudiziario sarebbe proseguito). Solo sospetti. Ma sufficienti perché, dicono tifando in ballo indicazioni nazionali e internazionali, “se non vi è la certezza che una vaccinazione sia eseguita correttamente, la dose deve essere ripetuta”.

Per questo hanno richiamato i 500 bambini teoricamente non vaccinati. Ma che, sempre teoricamente, adesso potrebbero ricevere una doppia dose. Il direttore generale dell’Asl di Treviso rende noto che “il sistema ha dimostrato di essere all’altezza. Se un’operatrice può essere venuta meno ai suoi compiti, il fatto non è passato inosservato ai colleghi che subito se ne sono accorti e hanno attivato tempestivamente tutti quei percorsi a garanzia dei cittadini e dell’azienda”. Resta l’interrogativo principale: quel “può essere venuta meno”. E altri che fanno da corollario: ad esempio non sono stati accertati neanche i motivi del comportamento della donna: se opposizione ideologica ai vaccini o altro. Mistero.