“Sono un’ambiziosa, rivoluzionare del tutto la mia vita lavorativa è stata una scelta molto sofferta. Ma oggi sono contenta, molto impegnata ma allo stesso tempo libera”. Sara Melandri, 37 anni, di Lugo, da dieci anni vive a Pesaro, dove si era trasferita per lavorare nel settore marketing di una grande azienda e dove ha messo su famiglia. Conciliare figli e lavoro, a un certo punto, è diventato però insostenibile: “Con due figli piccoli avevo chiesto il part-time, che mi era stato concesso senza problemi. Ma con la metà delle ore non riuscivo a svolgere bene il mio lavoro. Al contrario, con l’orario pieno al quale sono poi tornata, rimanevo fuori casa oltre dieci ore al giorno, perdendomi la quotidianità e la crescita dei miei bambini”.
Nessun dramma se non una scarsa felicità: “Con gli asili e la baby sitter, delegando al massimo, ce la facevo. Ma di quella vita non ero soddisfatta. Anche mio marito, lavorando in azienda, aveva gli stessi miei ritmi. Io, dal canto mio, sapevo di non essere fatta per stare a casa. Ma i miei figli mi mancavano. E così, a un certo punto, ho deciso di salvare capra e a cavoli”.
E si chiama proprio Capra e Cavoli 23 il servizio che Sara ha aperto con mille dubbi e tanto entusiasmo, al piano terra di una casa di famiglia dove, al piano sopra, vive lei con il marito e i figli: “Non mi piace quando ci definiscono un dopo scuola. Di pomeriggio il nostro è un ambiente domestico in cui i bambini della scuola primaria possono passare il tempo, pranzare, fare i compiti in autonomia e libertà e poi partecipare alle attività che i nostri collaboratori volontari ci propongono, come la lingua dei segni o il violino”.
La mattina, invece, Capra e Cavoli 23 segue la normativa del nido domiciliare accogliendo cinque bimbi tra i 12 e i 36 mesi: “L’educatrice che lavora per noi è la stessa che ha seguito i miei figli quando andavano alla materna. Una garanzia. Anche io, alla fine, sono sempre di sotto a verificare che tutto vada bene. E nel pomeriggio sto con i bimbi della primaria, tra i quali c’è sempre anche mia figlia più grande, che ha sette anni. Capita di lavorare anche dodici ore al giorno ma posso comunque andare a prendere i miei bambini da scuola, portarli a fare sport, preparare il pranzo, esserci nelle cose importanti di tutti i giorni”.
Non è tutto rose e fiori, ovviamente: “Prima ero a tempo indeterminato con uno stipendio sicuro. Oggi mi sudo ogni euro con le unghie e con i denti, ho molte preoccupazioni e la responsabilità di bambini non miei. Ma indietro, anche se nella mia azienda stavo bene e facevo un lavoro bellissimo, non tornerei mai”.
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