Tommaso, 12 anni, dal maggio del 2015 ha un cuore nuovo

Ho incontrato Tommy nelle corsie della Cardiochirurgia pediatrica del Sant’Orsola di Bologna tre anni fa, durante la festa di Natale dell’associazione Piccoli Grandi Cuori. Era ricoverato da tre mesi. Sua mamma, Valentina, sempre con lui a sperare in una soluzione alla sua tetralogia di Fallot, una malformazione cardiaca congenita che lo aveva mandato sotto i ferri a sette mesi e poi a sette anni, senza risultato. Tommy mi aveva colpita moltissimo: più basso dei suoi coetanei, gonfio ma con un sorriso contagioso e una passione sfrenata per la cucina. Conosceva tutte le spezie, mi aveva raccontato.

Ho ripensato spesso a lui, in questi anni. Fino a che due giorni fa Livia Santini, la poetessa ravennate che da anni si batte per sostenere Pgc, mi ha telefonato dalle stesse corsie in cui avevo conosciuto Tommaso. Perché lui era lì, stavolta solo per un controllo di routine che l’associazione e i medici sono riusciti a far coincidere con la festa di Natale. Nel maggio del 2015, nove mesi dopo l’inizio del ricovero al Policlinico, è stato infatti sottoposto a un trapianto di cuore dagli esiti incredibili. Ora, a distanza di due anni e mezzo, è la mamma Valentina Masti a raccontarlo: “Le probabilità di rigetto erano altissime. Invece, miracolosamente, è andato tutto bene. Tommaso ha 12 anni, fa la seconda media, è in salute. E dalla provincia di Firenze, dove viviamo, torniamo a Bologna solo ogni due mesi per le visite”.

Il sogno di diventare uno chef, nel frattempo, Tommaso l’ha abbandonato: “Dopo il trapianto è diventato un altro bambino, esplosivo come mi dicono le sue insegnanti. Con suo fratello Lorenzo, che ha due anni in meno, può adesso fare giochi che insieme non avevano mai fatto prima. Li trovo ad abbracciarsi e divertirsi, poi a fare la lotta. Una bellezza, vederli così. Quando capita che qualche amico chieda a me e a mio marito di passare una serata senza figli, noi decliniamo: è troppo il tempo che dobbiamo recuperare per pensare di non passare una serata tutti e quattro insieme”.

E i mesi passati al Sant’Orsola restano un ricordo dolce-amaro: “Quando siamo arrivati la prima volta e ho letto che l’ingresso era vietato ai minori di 14 anni, ho avuto la prima crisi. Quando e come avrei visto Lorenzo? Per fortuna mio marito, mia mamma e mia nonna l’hanno seguito benissimo durante la mia assenza da casa. E quando il sabato e la domenica venivano a Bologna, io uscivo con Lorenzo e Tommy restava con il papà. Sono stati mesi lunghi durante i quali a mio figlio dovevano essere somministrati dei farmaci in vena per evitare che trattenesse i liquidi e si gonfiasse troppo. Pur sapendo che la soluzione, per lui, sarebbe arrivata solo con il trapianto, non ho mai avuto il coraggio di sperare che arrivasse un cuore. Pregavo perché potesse stare bene, questo sì. Ma ero ben consapevole che cosa avrebbe dovuto passare un’altra famiglia per poter salvare mio figlio. Mi piacerebbe molto, un giorno, poter dire grazie ai genitori del bimbo a cui devo la vita del mio“.

Tommy, dal canto suo, ha sempre saputo la verità, anche se soft: “Gli abbiamo parlato, d’accordo con i medici, del fatto che avremmo dovuto sostituire alcuni pezzetti del suo cuore. Dopo il trapianto, però, ha dimostrato di avere già capito tutto. Mi ha chiesto ‘mamma, me l’hanno cambiato tutto?’. E quando gli ho detto di sì, ha risposto ‘ma è di ciccia come il tuo?’?.

Dopo aver saputo che l’operazione era andata bene, Tommy non ha più fatto domande: “Forse non è ancora pronto per sentirsi dire del donatore. Quando arriverà il momento, gli diremo le cose esattamente come stanno”.