I genitori a volte sono costretti a masturbare i figli o ad accompagnarli da una prostituta. E’ questa la denuncia che viene dal mondo dei disabili, un mondo in cui non sembra ci sia posto per la sessualità. Dove le pulsioni devono essere represse oppure soddisfatte in maniere umilianti. A occuparsi del tema è il regista messinese Francesco Cannavà il quale ha girato Because of my body, il primo documentario italiano sull’assistenza sessuale ai disabili. Ai media locali Cannavà, 37 anni, ha ricordato che la figura del lovegiver, l’assistente sessuale, ormai è riconosciuta in paesi come Olanda, Germania, Svizzera e Danimarca. In Italia invece c’è un disegno di legge che ormai è fermo da tre anni. Se ne riparlerà (forse) all’inizio della prossima legislatura.
Ma non occorre scomodare le alte sfere delle istituzioni, l’argomento resta tabù anche nella vita di tutti i giorni. Cannavà spiega che innanzi tutto bisogna fare enormi passi avanti dal punto di vista culturale: “La disabilità, specie quando è fisica e motoria, è considerata in Italia ancora come una deformità o una mostruosità“. Nel documentario viene sottolineata anche la condizione particolarmente svantaggiata delle donne disabili. Infatti per loro i prezzi di una prestazione con un gigolò sono particolarmente proibitivi, anche dieci volte superiori alla tariffa ordinaria. Sono, insomma, rifiutate.
Sull’argomento, tempo fa ERMamma aveva intervistato l’attrice e scrittrice Giorgia Wourth, autrice del romanzo L’accarezzatrice: “Nei Paesi dove l’assistenza sessuale è riconosciuta, da un po’ di anni ci sono corsi di 600 ore, per intraprenderla come professione – aveva spiegato la Wourth -. C’è bisogno di formazione ma soprattutto di spontaneità. Per questo molte brave assistenti sessuali sono ex prostitute, che hanno deciso di dedicarsi esclusivamente a un certo tipo di corpi. Poi persone che vengono dall’ambito infermieristico, che comprendono i limiti dei corpi fragili, o dalla medicina alternativa. Inoltre è fondamentale la competenza sugli aspetti psicologici, anche perché c’è il confronto con medici, familiari o istituti”.
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