Nell’immediatezza del fatto, Facebook la aveva già condannata. La ‘giustizia’ da social network non aveva fatto sconti: “Qui si tratta di assassini e non di dimenticanze”, era stato uno dei commenti ‘più carini’ arrivati sul suo profilo. La giustizia ordinaria, quella vera insomma, invece ha deciso di non perseguirla perché soffre di “amnesia dissociativa“. Così il pm del tribunale di Arezzo ha chiesto l’archiviazione dell’inchiesta riguardante la donna che lo scorso 7 giugno aveva dimenticato per ore la figlia di 16 mesi sul seggiolino posteriore causandone la morte. L’incidente era avvenuto a Castelfranco di sopra, sempre in provincia di Arezzo.
La piccola, Tatiana Rossi, quella mattina doveva essere accompagnata all’asilo nido, come sempre. La madre invece, che lavora come segretaria comunale nel piccolo centro toscano, se ne era completamente dimenticata. Qualcosa aveva interrotto la sua routine quotidiana e fatto sì che la prevista sosta al nido non venisse effettuata.
L’amnesia dissociativa, appunto. A stabilirlo è stato un consulente per le indagini. Così la donna aveva parcheggiato l’auto ed era andata al lavoro. La piccola non aveva protestato per il fatto di essere stata lasciata sola perché stava dormendo. La madre, evidentemente, non aveva guardato nel seggiolino posteriore e nessuno in quella afosa mattinata si era accorto di niente: la bambina non aveva avuto la fortuna di un passante che potesse dare l’allarme, come successo in casi analoghi.
La scoperta era arrivata sei ore più tardi quando la donna aveva finito il proprio turno di lavoro. A nulla era valso chiamare i soccorsi: troppe ore sotto il sole; per la bambina, che era figlia unica, non c’era stato più niente da fare. Per il consulente la madre aveva cancellato dalla memoria la mancata fermata all’asilo, era convinta di aver fatto quello che faceva quotidianamente. Quindi, ne deduce il pubblico ministero, non è penalmente perseguibile.
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