L’Ausl ha chiuso il punto nascita: a Pavullo non si può più partorire. Così, la donna, 39enne di Pievepelago, sarebbe dovuta andare a Sassuolo ma il bambino aveva troppa fretta ed è nato nella notte fra sabato e domenica nell’ambulanza che dall’ospedale di Pavullo lo stava trasportando assieme alla madre a Sassuolo, appunto. La donna, che ha già una figlia nata con parto precipitoso, ha spiegato alla Gazzetta di Modena: “Il bimbo è nato in ambulanza, assistito da personale davvero premurosissimo, a partire dall’ostetrica. L’ambiente era piuttosto stretto, è vero, e gli scossoni della strada si sono sentiti. Ma è andato tutto bene“.
L’Ausl Modena ha poi precisato che “la giovane donna originaria di Pievepelago, giunta al pronto soccorso dell’ospedale di Pavullo alle ore 1 circa del 18 febbraio a 39 settimane di gravidanza, è stata assistita secondo protocolli che sono vigenti in tutti gli ospedali dell’Ausl di Modena nei quali non è presente un punto nascita, con alcune specificità che riguardano l’ospedale di Pavullo, in considerazione della sua collocazione orografica”.
E cioè: “In questa sede la valutazione viene eseguita non solo dal personale di pronto soccorso ma anche dall’ostetrica presente 24h/24. Nell’ultimo caso, riscontrata la rottura delle membrane e una dilatazione di 8 cm, è stato disposto come da protocollo l’immediato trasferimento con mezzo infermieristico con medico anestesista e ostetrica a bordo. Durante il trasporto le condizioni vengono monitorate costantemente, consentendo qualora necessario, l’assistenza al parto, avvenuto in questo caso a 7-8 minuti dall’arrivo a Sassuolo, alle ore 1.30, con mamma e neonato in perfette condizioni”.
L’Ausl ricorda che “i parti veloci/precipitosi riguardano tutti i territori e, per la loro rapida evoluzione, lo stress da travaglio cui è sottoposto il feto è brevissimo, a differenza di ciò che può accadere nei travagli lunghi. Dai dati disponibili si stima che ogni anno in provincia circa il 10% delle donne in travaglio attivo che chiamano il 118 partorisca fuori dall’ospedale – vale a dire in casa, in auto o in ambulanza –. Il numero dei casi varia a seconda della popolazione di riferimento di ciascun ospedale. Il fenomeno è quindi tutt’altro che occasionale”.
“Per garantire la massima sicurezza alla gravida ed eventualmente al neonato – prosegue la nota dell’azienda -, gli operatori del servizio di emergenza-urgenza del 118 di tutto il territorio sono formati per fornire assistenza pre-ospedaliera alle donne in travaglio. La gestione di tali situazioni fa infatti parte del programma formativo obbligatorio che prevede corsi specifici che affrontano tutte le emergenze ostetriche, neonatali e pediatriche. La formazione comprende tre percorsi formativi seguiti dagli operatori: un corso che affronta la rianimazione cardiopolmonare e la defibrillazione pediatrica; il corso “obstetric and neonatal emergency” che tratta le indicazioni da applicare in caso di parto precipitoso in ambiente extraospedaliero. Infine l’Emergency Pediatric Care, sulla diagnosi e il trattamento di malattie o eventi traumatici del paziente pediatrico. Dal 2017 è inoltre attiva la collaborazione con la sala parto del Policlinico, per consentire un addestramento continuo del personale dell’emergenza attraverso l’osservazione e la partecipazione attiva alle fasi di travaglio e parto”.
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