In Italia si fanno troppe isterectomie (asportazione dell’utero) per risolvere le emorragie che possono complicare il parto e si registrano troppi casi di anomalie di impianto della placenta. Lo ha scoperto l’Istituto superiore di sanità con un progetto di ricerca che è andato a indagare in sei regioni italiane – Piemonte, Emilia-Romagna, Toscana, Lazio, Campania e Sicilia – i cosiddetti near miss, ovvero le donne con gravissime complicazioni in gravidanza, parto o puerperio che vengono salvate grazie all’assistenza ricevuta. A parlarne è Serena Donati del Centro nazionale di epidemiologia, sorveglianza e promozione della salute dell’Iss, che qualche tempo fa avevamo intervistato sulla mortalità materna (che in Italia è valutata come evitabile nel 44% dei casi, come avevamo spiegato qui).
“Studiare i near miss è molto utile perché rispetto alle morti materne sono molto più frequenti – spiega Donati – e quindi ci permettono di identificare in tempi rapidi le criticità su cui lavorare per migliorare l’assistenza e ridurre le complicazioni evitabili”. Nel primo progetto di ricerca ISS-regioni sono state studiate le emorragie del post partum (che sono la prima causa di morte materna in Italia), le rotture dell’utero, le placentazioni anomale e le isterectomie: “I dati raccolti in tutti i punti nascita di sei regioni, che coprono il 49% dei nati del Paese, dimostrano che rispetto ad altri Paesi Europei in Italia si ricorre troppo spesso all’isterectomia e abbiamo troppi casi di difetti di impianto della placenta. Nel primo caso, vengono probabilmente trascurate altre opportunità terapeutiche per fermare l‘emorragia. Nel secondo, il dato si spiega con il tasso di cesarei troppo alto che è il principale fattore di rischio per questa grave condizione. Al contrario, abbiamo il tasso minore di rottura d’utero perché sono poche le donne che partoriscono per via vaginale dopo un precedente cesareo“. Ancora poco usato, secondo Donati, è il balloon, un presidio che applicato nella cavità dell’utero può risolvere circa sette volte su dieci una emorragia ostetrica evitando di ricorrere alla chirurgia invasiva. “L’ISS sta promuovendo le buone pratiche anche grazie alla pubblicazione di una Linea Guida sull’emorragia del post partum e ai corsi di formazione a distanza sulle emergenze emorragiche “.
Nel 2017 è’ stato avviato un secondo progetto di ricerca che coinvolge anche Puglia, Lombardia e Friuli-Venezia-Giulia, andando a coprire il 75% dei nati: ” ora stiamo studiando altre quattro emergenze ostetriche: le eclampsie, rare complicazioni dell’ipertensione; le sepsi, che sono in aumento anche a causa dell’antibiotico-resistenza e richiedono un trattamento molto tempestivo per essere gestite al meglio; e poi l’embolia del liquido amniotico e l’emoperitoneo spontaneo. Tra un paio di anni saremo in grado di restituire i risultati ai professionisti”.
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