“Non si tratta di protagonismo, non si tratta di fare gli eroi. Si tratta di rendersi conto che a volte, davvero, non c’è scelta”. Gabriele Bronzetti, cardiologo del Sant’Orsola, è tornato lunedì da una missione in Zimbabwe, da dove ha portato a Bologna Dube, una bimba di quasi tre anni affetta da una grave forma di tetralogia di Fallot. La piccola è stata operata martedì dall’équipe guidata dal cardiochirurgo Gaetano Gargiulo, si è svegliata, non è più ventilata. Ma c’è ancora tanta cautela sul decorso e sul futuro.
Non ci sarebbe stata alcuna speranza di vita, per la piccola, nel suo Paese: “Per sette giorni l’ho monitorata di continuo – racconta Bronzetti . Mentre visitavo gli altri bambini, la controllavo attraverso il vetro che separava le due stanze: la saturazione andava spesso a zero, le crisi erano frequenti. Razionalmente portarla in Italia non era plausibile. Se fosse stata nel nostro Paese, non sarebbe stata trasferita nemmeno da Savignano a Cesena. Ma abbiamo dovuto decidere”.
A motivare Bronzetti è stata anche la madre della bimba: “Sembrava pronta a tutto, anche a perderla durante il volo. E ho avuto il coraggio di tentare. Con un caso così disperato non avevo mai affrontato un volo in vita mia. Mi ha dato molta forza Massimo Migani, l’odontoiatra riminese che dirige la missione. E anche l’idea che se avesse superato le 24 ore che sono servite per l’intero viaggio, sarebbe stata salvata. Quella del Sant’Orsola è una delle cardiochirurgie migliori al mondo. Lo dico da cardiologo, non da cardiochirurgo”.
Nel giugno scorso Bronzetti aveva portato a Bologna un altro bambino africano affetto dalla stessa patologia di Dube, tenendolo in vita con sorsi di aranciata, utilizzata per l’idratazione: “Si tratta di bambini selezionati dalla natura, che sopravvivono in condizioni estreme. Ma quando li sposti dal loro ambiente, torna a galla tutta la loro fragilità. Anche questa volta ho avuto paura”.
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