Ridurre la disabilità intellettiva nelle persone con la sindrome di Down. Questo l’obiettivo della ricerca avviata dal gruppo di genomica del professor Pierluigi Strippoli dell’Università di Bologna insieme al responsabile dell’ambulatorio malattie rare del Sant’Orsola di Bologna Guido Cocchi e alla neonatologa Chiara Locatelli.
“Tutto è partito dalle scoperte di Lejeune, il professore francese che per primo identificò la cromosomopatia alla base della sindrome – spiega Locatelli -. Una delle sue ipotesi era di considerare la trisomia 21 alla stregua di una malattia metabolica: secondo lui, infatti, le persone che presentano un cromosoma 21 in più subiscono un’alterazione di alcune reazioni metaboliche che potrebbero a loro volta provocare un’intossicazione delle cellule cerebrali. Questa intuizione è avvalorata dal fatto che nell’osservazione delle persone con la sindrome di Down si evidenzia una maggior capacità di comprensione rispetto alla capacità di comunicare, come se ci fosse un blocco, una sorta di cancello chiuso”.
Riprendendo Lejeune, Strippoli ha pensato di lavorare proprio sulla parte metabolica: “Sulla maggior parte dei problemi correlati alla sindrome di Down si può intervenire: pensiamo alle cardiopatie operabili, all’ipotirodismo trattabile con i farmaci, alla celiachia risolvibile con la dieta. La disabilità intellettiva, che è la parte più invalidante, rimane. Ecco perché abbiamo raccolto i dati di 140 bambini, valutando nel dettaglio il fenotipo, facendo un ulteriore prelievo di sangue per uno studio genetico approfondito e analizzando il loro profilo metabolomico attraverso le urine e il plasma“.
A fare la differenza rispetto ad altre ricerche, è che in questo caso si parte dall’osservazione dei bambini e non dallo studio di modelli animali : “Abbiamo già i primi risultati. Innanzitutto è stata individuata una regione ‘critica’ del cromosoma 21, responsabile dei principali segni e sintomi della sindrome, in particolare la disabilità intellettiva. Inoltre, abbiamo confermato che chi ha la sindrome di Down produce metaboliti in quantità alterate. Una strada che consentirà di risalire ai meccanismi biochimici responsabili dei danni degenerativi. L’obiettivo è quello di trovare poi una terapia mirata per migliorare ancora di più la vita di chi nasce con la trisomia 21.
La ricerca va avanti grazie a donazioni.
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