“So cosa significa abortire spontaneamente. So anche cosa significa interrompere volontariamente una gravidanza. E tutta questa nuova ondata di polemiche non può che darmi moltissimo fastidio”. Sabrina (nome di fantasia) è una 38enne di Ravenna che ha deciso di raccontarci la sua storia nel bel mezzo delle manifestazioni che, in questi giorni, si sono tenute in molte città a difesa della 194, la legge del 1978 sull’Igv. Legge messa in discussione dai manifesti Pro Vita che in altrettante zone d’Italia hanno creato parecchi malumori e richieste di rimozione.
Sabrina, che cosa la disturba di più?
“Prima di tutto il fatto che si arrivi a discutere di un diritto che le donne hanno faticosamente conquistato quarant’anni fa. E poi che si punti il dito sempre contro le mamme, come se poi nelle questioni legate alla gravidanza gli uomini non c’entrassero. Non solo: chi condanna l’interruzione volontaria parla per ideologie. La vita vera è un’altra ed è fatta di persone con storie e vissuti che seguono una casistica infinita. Come si può giudicare?”.
Che idea si vuol far passare, secondo lei?
“Che si interrompa una gravidanza così, per un capriccio. Che chi sceglie l’Ivg è portatore di una cultura della morte. Io ho due figli molto desiderati eppure, davanti all’ultimo test di gravidanza positivo, non ho avuto dubbi: un terzo figlio avrebbe portato problemi e difficoltà”.
Ci vuole raccontare meglio?
“Sono stata poliabortiva, in passato. Per avere i miei due bambini le gravidanze sono state sette. Rimanevo incinta ma al secondo o terzo mese il battito non c’era più. Ho sofferto molto, ho cambiato molti medici, sono stata operata, ho preso farmaci. A ogni ecografia temevo di ricevere cattive notizie. Arrivare alla fine è stato un calvario. Fino a che, fortunatamente, sono riuscita a realizzare il mio sogno. Quando è il desiderio ad animarci, quando c’è una situazione familiare favorevole, un bambino che arriva può essere la gioia più grande del mondo. Ma non è sempre così e non è per tutte così”.
C’è chi le ha fatto notare che dopo averne persi tanti spontaneamente, non aveva senso scegliere di interrompere, quasi fosse paradossale?
“Assolutamente sì. Ma il ragionamento è assurdo e insensato. Le condizioni di vita possono cambiare e non è che se una donna non desidera figli all’infinito è una cattiva persona. Ho sofferto di depressione post-partum, dopo il secondo figlio: è stata un’esperienza pesante, di grande sofferenza e che resterà indelebile nella mia vita. Il rapporto con il mio compagno è andato lentamente alla deriva, anche per questo. Complice anche un’ovulazione molto anticipata, sono rimasta incinta quando i cocci tra noi erano ormai rotti. Non ci abbiamo pensato due volte, a interrompere”.
Ha sofferto?
“No, un terzo figlio in quella situazione sarebbe stata per me e per noi l’ultima cosa da poter desiderare. C’è tanta retorica intorno al fatto che la donna che decide di abortire sia destinata a patire le pene dell’inferno, che viva un trauma insanabile. Ma chi l’ha detto? Io, con la mia esperienza, posso smentirlo: nella mia situazione è stato molto meglio così e non ho provato dolore”.
Che cosa ci insegna, la sua storia?
“Che bisognerebbe imparare a tacere. La mia è solo una delle milioni di possibilità. Le donne che si scagliano contro l’Ivg continuano a dire frasi come ‘io non lo farei mai’. Ma non hanno capito una cosa: non lo devono fare loro. Il punto è che il diritto sia previsto, garantito, tutelato, intoccabile nella possibilità di esercitarlo. Tutto il resto riguarda le scelte personali”.
Spesso si tirano in ballo la contraccezione e la prevenzione: è giusto, secondo lei?
“Possiamo anche essere tutti d’accordo che prevenire le gravidanze indesiderate possa servire a far diminuire le Ivg. Ma mi arrabbio quando la questione viene circoscritta a pillole e preservativi. Perché non pensiamo alle donne che interrompono perché messe davanti a diagnosi prenatali che non sentono di poter sostenere? Ma ancora una volta è la donna la grande colpevole. Non accetta un figlio con una malattia cromosomica? Viene messa al patibolo. Tutti bravissimi a fare figli a parole. Nelle situazioni bisogna starci”.
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