“Ma il libro delle vacanze?”.
Non era ancora suonata l’ultima campanella, giovedì scorso, che già alcune mamme avevano lanciato il pericoloso amo. Quello del “bisogna cominciare i compiti il primo giorno di vacanza”, del “non bisogna adagiarsi ché l’estate vola”, del “non voglio che si riduca a fare tutto in agosto”.
Ora, i giorni di vacanza sono un centinaio. Un periodo infinito, esagerato. Tutto da riempire: di centri estivi, di viaggi (chi può), di noia e ozio.
Mi sono sentita una madre eccelsa quando un genitore mi ha suggerito di dividere il numero delle pagine del libro per i giorni di vacanza (esclusi il sabato e la domenica) per sapere con esattezza quante pagine compilare ogni giorno: “Davvero, è un modo utile. Alla fine, come risultato ti viene circa una pagina e mezzo al giorno. Insomma, roba veloce e indolore”. Mi sono sentita così positivamente fuori dal comune, o meglio ho sentito di avere figli fortunati perché a quella matematica proposta ho detto, con tutta me stessa, no.
Io no. Io mi oppongo. Io voglio che mia figlia ora non faccia niente. O meglio: che giochi, che si diverta, che suoni, che nuoti, che sgomberi la testa. Deresponsabilizzazione dei figli? No, solo un pizzico di sana libertà. Solo un po’ di pedagogia della lumaca.
Ps. Del titolo del libro delle vacanze, per fortuna, ancora nessuna traccia.
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