Laura Rampini ha un motto che si porta sempre dietro: “Non posso fare tutto ma voglio fare tutto ciò che posso”. Quarantasei anni, originaria di Gualdo Tadino, in Umbria, e paraplegica dal 20 gennaio del 1995 in seguito a un frontale, vive a Ravenna da quando, nel 2008, ha iniziato a lanciarsi con il paracadute, unica persona in carrozzina a farlo al mondo.
Dopo essere stata protagonista del documentario “Falling” di Gerardo Lamattina, si appresta ora a tornare davanti alla telecamera del regista ravennate per il progetto “Normabili”, un corto che verrà girato tra la primavera e l’estate per raccontare che chi è in carrozzina non è un supereroe ma non ha nemmeno tutti i limiti che pensiamo. Ma anche per rimarcare – concetto al quale Laura tiene molto – che per abbattere molti dei muri mentali che le persone hanno nei confronti della disabilità, sono gli stessi disabili a dover uscire dall’isolamento, smettendo di vergognarsi: “Se il disabile è se stesso e non si mette sulla difensiva, cosa che spesso per rabbia avviene, mette gli altri nelle condizioni di non vederla più, la carrozzina”.
Laura, che nei prossimi due mesi porterà in giro per dodici unità spinali d’Italia il teaser del cortometraggio, è una sorta di forza della natura. E la sua storia, paracadute a parte, lo dimostra fin da quando, con un bimbo di appena quattordici mesi da crescere, si ritrovò senza l’uso delle gambe, battagliera a tal punto da voler diventare mamma un’altra volta: “La mia rinascita, come ha spiegato anche mia sorella in ‘Falling’, è stata la ricerca della seconda maternità”. Desiderio che fece a botte, nei primi tempi dopo l’incidente, con i consigli dei medici: “Ma io, che di bambini ne avrei voluti tre, non mi sono arresa. E quando mi hanno detto che la lesione si era consolidata e che avrei potuto iniziare gli esami per provare a rimanere incinta, incinta lo ero già”. Una gravidanza per nulla facile, quella di Laura, costellata da problemi respiratori, dalle bombole di ossigeno e da un cesareo anticipato: “Ero ancora in rianimazione quando ho sentito il rumore delle ruote della culla dove c’era Nico, un momento che non scorderò mai”.
Così come non dimenticherà gli stratagemmi per insegnarli a camminare, quando si sedeva per terra, con le spalle al divano, e lo tirava a sé usando una scopa per bambini. O quando gli cambiava il pannolino e Nico, come se sapesse che non poteva sgattaiolare via, restava immobile: “Ho sempre fatto tutto in autonomia. Mi alzavo la notte, allattavo, andavo a prendere Luca da scuola. Certo, non ho usato il passeggino. Quello di Nico, erano le mie gambe”.
E tra i ricordi più forti di Laura, c’è anche il periodo in cui, dopo il coma e la rianimazione, una volta rientrata a casa sentiva che suo figlio Luca, oggi 25 anni, non la riconosceva più: “Dopo sei mesi di assenza, per lui ero diventata un’estranea. Ma una sera ordinammo le pizze e lui, dal nulla, mi guardò e mi disse ‘mamma’. Quando ci penso, mi commuovo ancora”.
Durante la presentazione del progetto in Comune a Ravenna, l’assessora ai Servizi sociali Valentina Morigi ha ricordato come l’Amministrazione sia impegnata in un percorso che non solo cerchi si soddisfare i bisogni delle persone con disabilità ma anche i loro desideri: “Apprezzo moltissimo questo lavoro e sarà felice di organizzare una presentazione quando il corto sarà pronto”. Lamattina, invece, ha aggiunto come la disabilità lo abbia sempre interessato come regista: “Il mio primo lavoro si chiama ‘Io ho un nome’ proprio per mettere in evidenza come dietro l’etichetta ‘disabile’ ci siano volti, nomi, storie. Nonostante Laura sia stata messa a dura prova dalla vita, mi ha colpito per il suo carattere e la sua energia. Di lei, della sua famiglia e dei suoi amici voglio raccontare la normalità. Perché davvero, non ti accorgi che ci sia una carrozzina di mezzo”.
Solo alla fine del corto, infatti, la carrozzina verrà mostrata per la prima volta. Una scelta in linea con la personalità della protagonista, come ha sottolineato anche il compagno Pierangelo Cecere: “A me di Laura, che è stata un’amica per dieci anni, è arrivata prima di tutto la persona. In lei ho visto la donna della mia vita, non certo la sua condizione”. Il duo band Hernandez & Sampedro, protagonista anche delle riprese, hanno invece attinto ai loro primi pezzi per raccontare, in musica, di Laura: “I nostri primi temi erano proprio legati alla volontà di non rinunciare ai propri sogni. Non c’è stato bisogno di scrivere canzoni ad hoc. Di Laura ci sono stati proprio trasmessi il coraggio e la capacità di sognare nonostante tutto”.
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