“Ho partorito il mio secondo figlio quando il primo aveva due anni. Non avevamo ancora ricevuto la diagnosi ma c’erano già segnali che qualcosa non andasse”. Marinella Drudi, cesenate, sa bene che cos’è il rapporto tra fratelli quando di mezzo ci si mette la disabilità. La sua testimonianza precede di poco l’incontro che l’associazione “Voce all’autismo”, di cui fa parte, ha organizzato per mercoledì 22 gennaio a Cesena sul tema “Lui non ha problemi: come genitori e insegnanti possono valorizzare e tutelare i fratelli di persone disabili”. L’appuntamento è alle 20,30 alla sala convegni della Confartigianato (via Ilaria Alpi 49), dove parlerà lo psicoterapeuta Francesco Baldinini, che relazionerà anche ai successivi incontri sull’impatto della disabilità sulla coppia (29 gennaio, sala Assiprov di via Serraglio 18) e sul riscoprirsi genitori quando un figlio è disabile (5 febbraio, stesso luogo). I tre incontri, patrocinati dal Comune di Cesena, Assiprov e Confartigianato, sono nati in collaborazione con l’associazione di volontariato per l’assistenza psichiatrica “Se questo è un uomo” e con CambiaVento.

“I primi tre anni di vita del mio secondogenito, che adesso ha otto anni – racconta Marinella, che ha anche un blog dove spiega i tanti giochi studiati per migliorare le competenze del suo bimbo più grande, “Insegnami a giocare” – sono stati i più duri. A livello psicofisico eravamo molto provati dalla diagnosi di disturbo dello spettro autistico, che si aggiungeva alla gestione di un altro bimbo piccolo. Come sempre in questi casi, il secondo si è fatto spazio da solo. Noi eravamo molto concentrati sul grande, sulle sue terapie, sul percorso che ci attendeva”. Allo stesso tempo, il più piccolo ha vissuto la situazione del fratello maggiore come fosse la normalità: “Mi dice spesso che non se lo immagina diverso, che non lo vorrebbe in un altro modo. Altrettanto spesso dice di voler fare l’insegnante di sostegno, da grande, perché sa già fare e, così come ha aiutato suo fratello, potrebbe aiutare altri bambini”.

Oggi, insomma, G. è molto consapevole delle condizioni di N: “Usa senza problemi la parola autismo per riferirsi a lui, riesce ad accettare il fatto che voglia fare sempre le stesse cose. Anche qui, comunque, abbiamo fatto passi in avanti. Sulla scelta del bar dove fare colazione, a volte, riesce ad avere la meglio il più piccolo, facendo in modo che il grande rimanga tranquillo. Certo, sono equilibri difficili, ai quali si arriva provando e sbagliando”. E il senso di colpa, qualche volta, torna a bussare: “Ci si chiede quali attenzioni non siano state date, quali occasioni non siano state offerte. Poco tempo fa il piccolo è stato in gita col padre, insieme ad alcune famiglie della sua scuola, in un agriturismo. Io sono rimasta a casa con il grande. Quando il piccolo è tornato, mi ha chiesto quando potrà rifare una vacanza del genere. Ecco, per lui quel giorno e mezzo fuori porta equivale a una vacanza”.

Capita anche, però, che quella che può sembrare una mancanza diventi un punto di forza: “Un esempio banale è la cena di classe del piccolo. Noi siamo costretti ad andare senza il fratello oppure a separarci. All’inizio ci chiedevamo se il secondo soffrisse, poi abbiamo capito che gli stavamo solo facendo un favore. Bisogna stare molto attenti, certo. I fratelli dei bimbi con disabilità vanno aiutati e tutelati: spesso possono diventare vittime di bullismo, presi in giro o comunque sempre etichettati come “il fratello di…”. Bisogna, invece, riconoscere che sono bambini a prescindere dalla disabilità. Sarà per questa loro esigenza che spesso, anche a scuola, cercano attenzioni e momenti di protagonismo. Io dico sempre alle maestre di non proteggerlo perché il fratello è autistico, di sgridarlo se va sgridato e di trattarlo come gli altri. Perché il rischio è anche quello, con l’intento di fare del bene, di farli sentire ancora una volta diversi”.

A tutte queste riflessioni, si aggiunge la grande domanda sul “dopo di noi”: “Il piccolo di recente ha iniziato a esprimere pensieri sul futuro. Con chi vivrà suo fratello? Chi se ne occuperà? Per dare risposte sincere e il più possibile vicine alla realtà, ci siamo affidate al progetto di sostegno psicologico che ha un contributo di ‘Voce all”autismo’. Io dico sempre che il secondo potrà fare le sue scelte, nella vita. Non voglio caricarlo della responsabilità del fratello. Certo, resterà comunque il suo punto di riferimento, quando noi saremo anziani o non ci saremo più. Per il momento stiamo lavorando per una sempre maggiore autonomia del grande. I punti interrogativi ci sono eccome e sono grandi come montagne. Ma li affrontiamo senza troppe ansie”. 

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