Quando sua madre, al supermercato, si è abbassata la mascherina per informarla di quello che aveva detto l’addetta all’ingresso, è stata prima redarguita, poi pregata di accettarne le scuse. Oggi Lucia Brasini, 33 anni, cesenate, nata con una sordità bilaterale neurosensoriale, ci ride su. Ma il tema di come le persone sorde stiano vivendo i cambiamenti comunicativi arrivati con il Covid è molto serio, come dimostra la campagna di sensibilizzazione che FIADDA (di cui Lucia è vicepresidente nazionale) ha lanciato in questo periodo.
“Siamo passati da una comunicazione interpersonale in cui ci si guarda – racconta Lucia, che fa l’architetto libero professionista e che si occupa, nello specifico, di accessibilità – a una comunicazione mediata da schermi e mascherine. Nel primo caso, le cose non sono uguali per tutti: io, per esempio, davanti a un computer non ho modo di fare attenzione al linguaggio del corpo che invece, in situazioni di normalità, mi aiuta a compensare ciò che mi manca a livello uditivo. In generale, poi, per la stragrande maggioranza degli alunni sordi la didattica a distanza è stata drammatica. Per fortuna ho raccolto anche una voce fuori dal coro, quella di un alunno che si è sentito avvantaggiato dal fatto di non avere tutta la confusione che in genere c’è in classe”. Sulle mascherine, invece, apriti cielo: “Io le definisco una rovina. Ne basta una chirurgica per abbassare di 20 decibel il volume del parlato. Senza contare che impediscono di leggere il labiale, cosa per noi fondamentale specie quando non conosciamo bene il nostro interlocutore”.
Nel caso di Lucia, per esempio, a compensare tutti gli ostacoli non bastano i due impianti cocleari installati tredici e tre anni fa: “Impianti e protesi non sono sufficienti davanti a queste nuove limitazioni. Serve l’aiuto di chi abbiamo davanti, che sia il farmacista a cui chiediamo di abbassare la mascherina o altre persone a cui chiediamo di scriverci quello che ci vuole comunicare. Io, quando esco, mi porto sempre dietro alcuni dei volantini della campagna, casomai ci sia il bisogno di spiegare”.
Poi capita, qualche volta, di trovare persone molto sensibili: “Ho un’amica che fa l’insegnante di sostegno, durante il lockdown mi ha riassunto via messaggio i temi della conversazione che in otto amici abbiamo organizzato su una piattaforma. La mia estetista, invece, dopo la riapertura delle attività mi ha contattata per sapere se poteva fornirsi di mascherina trasparente. L’ho letto come un bellissimo gesto, anche se in questo mondo esiste solo un’azienda americana che ne produce di omologate. Stiamo spingendo affinché ci siano incentivi alla produzione e alla distribuzione di mascherine del genere certificate ma al momento tutto è fermo. Peccato, sarebbero utili anche per altri tipi di disabilità in cui vedere il viso, per le persone, è fondamentale. Noi persone con sordità non abbiamo agevolazioni in questo nuovo contesto, così come siamo molto preoccupati in vista di settembre: i bambini sordi potranno in parte essere aiutati dagli insegnanti di sostegno ma perderanno, se le mascherine saranno obbligatorie, tutta la parte della relazione con la classe, che significherebbe per loro un nuovo isolamento“.
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